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Belnome, superpentito dello Stilaro cresciuto all’ombra di Andrea Ruga

Il boss di Guardavalle, 50enne, è la più temuta “gola profonda” della ’ndrangheta

La “gola profonda” dei più potenti, agguerriti e ramificati clan della Vallata dello Stilaro e del basso Ionio catanzarese. Grazie alle confessioni del collaboratore di giustizia Antonino Belnome, classe 1972, originario di Guardavalle ma cresciuto in Lombardia, a Giussano, diverse operazioni antimafia sono scattate in Calabria e in particolare nell’area dell’alto Jonio reggino e nel Soveratese, consentendo ai magistrati antimafia della Dda di Reggio di accendere i riflettori sull’operatività di alcune potenti cosche, sulle loro alleanze, sui traffici illeciti e sui loro tentativi di infiltrarsi nel mondo politico, imprenditoriale, amministrativo e massonico. Da ultimo, è grazie alle dichiarazioni di Belnome, che nella Vallata dello Stilaro lo scorso mese si sono concretizzate ad opera dei carabinieri l’operazione “Doppio sgarro” e la successiva cattura del latitante stilese Fernando Spagnolo.
Antonino Belnome, detto “u fagiolino”, reo confesso dell’omicidio di Carmelo Novella, è stato in Brianza il capo della locale di Seregno-Giussano dalla primavera del 2008 ed è finito in carcere il 13 luglio 2010, caduto nella rete della maxi operazione “Infinito”. Dopo circa un semestre dall’arresto, Belnome decise di saltare il fosso, diventando così uno dei più importanti pentiti della ‘ndrangheta. Fornendo particolari importanti sulla locale Seregno-Giussano e sugli affiliati. Dopo gli omicidi nel 1989 del boss Cosimo Priolo, in Calabria, di Rocco Cristello, freddato sotto casa sua a Verano Brianza nel 2008 e di Rocco Stagno, vittima di lupara bianca a marzo 2010, si scatenò una faida e la locale di Giussano, “riattivata” proprio da lui con la benedizione dei vertici calabresi e lombardi frustrò le aspirazioni egemoniche del boss Antonio Stagno. Ma la sua ascesa non fu gradita al boss Carmelo Novella, originario di Guardavalle. Il capo della Lombardia, fautore del secessionismo dalla cupola calabrese, vedeva nel “locale” giussanese un distaccamento di “fedelissimi” al suo nemico dichiarato Vincenzo Gallace, capo dell’omonima cosca di Guardavalle. Non a torto.

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