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«Così ho fatto saltare il sistema Mediterranea». Parla l'architetto messinese Clara Stella Vicari Aversa

Operazione “Magnifica”, parla l’architetto messinese Vicari Aversa che ha dato l’input all’inchiesta sui concorsi all’Università di Reggio

Cinquant’anni, un curriculum di tutto rispetto, oggi è vicepresidente dell’Ordine degli architetti di Messina. Collabora con l’Ateneo spagnolo di San Sebastián dov’era arrivata anche grazie a una borsa di studio della Fondazione Bonino-Pulejo, ma con l’Università di Reggio non ha più niente a che fare. «Eppure ero entusiasta di partecipare a quella selezione», dice Clara Stella Vicari Aversa, l’architetto messinese che con la sua denuncia ha scoperchiato il “sistema Mediterranea” dei concorsi pilotati.
“Quella selezione” risale al 2008, è ancora clamorosamente aperta e riguarda un posto di ricercatore alla facoltà di Architettura. Decine di ricorsi vinti alla giustizia amministrativa, una denuncia penale e quattordici anni dopo, proprio su quel concorso è ora la Procura della Repubblica a mettere in fila una serie di ipotesi di reato che scuotono i vertici dell’Università reggina con l’interdizione del rettore Santo Marcello Zimbone, del prorettore Pasquale Catanoso, di altri quattro docenti e due funzionari. «Mi sono accorta presto che qualcosa non andava, da un accesso agli atti ho rilevato una serie di errori che mi hanno lasciato basita», racconta Clara Stella. Dalla valutazione erano “spariti”, per esempio, 7 anni di attività didattica e di studio. E lo stesso sarebbe accaduto in almeno un concorso successivo, pur con una commissione diversa, dopo l’annullamento del primo. «Un esempio lampante – accusa – di copia-incolla».
Avrebbe dovuto vincerlo lei il concorso alla Mediterranea?
«Non so se fossi la più titolata, però ho la legittima pretesa che venisse selezionato il candidato più idoneo in modo corretto».
Quando e perché ha deciso di denunciare?
«Non è stata una scelta facile, questa storia è una ferita che non si rimarginerà. Ma quando ho visto che l’Università continuava imperterrita a bandire concorsi le cui le modalità di espletamento erano sempre le stesse, nonostante abbia vinto qualcosa come 40 ricorsi, ho capito che la sola via amministrativa non sarebbe servita per ottenere giustizia. Nella scelta ha contribuito anche la conoscenza di altri casi simili al mio grazie all’associazione “Trasparenza e merito”. È una battaglia non tanto per me, perché è evidente che dopo quella denuncia la carriera universitaria mi è preclusa, quanto per la legalità, per scardinare un sistema perverso. Come faccio a dire a mia figlia, che oggi ha sedici anni, di credere nella giustizia se io per prima mi giro dall’altra parte? Discutiamo di dignità personale, non cerco certamente i quindici minuti di celebrità di cui parlava Andy Warhol».
Si è mai sentita sola?
«Per tanti il problema ero io, non il sistema che si avvolge in una spirale perversa né l’Università che si è rifiutata di rispettare diverse sentenze di Tar e Consiglio di Stato. Nelle ultime ore ho avuto una pioggia di attestati di solidarietà da professori, colleghi, persino ex studenti, ma per troppo tempo ho dovuto contare soltanto sulla mia forza d’animo. Pensi che quando ho fatto il primo ricorso, su dodici concorrenti nessuno ha voluto unirsi».
Quindi è tutto il sistema universitario che non funziona?
«Non voglio credere che sia così. C’è una parte sana che deve trovare il modo di farsi sentire: tante persone perbene ancora non si dissociano e stanno zitte. La mia esperienza negativa, però, non deve valere per tutti; pure per questo ho deciso di parlarne dopo essere rimasta per tanto tempo in silenzio, in attesa dell’esito dei ricorsi».
Pensa ancora di poter lavorare in ambito accademico?
«Era quello per cui mi sono impegnata, la strada che avevo scelto anche in virtù del percorso positivo compiuto in Spagna grazie alla borsa di studio Bonino-Pulejo. Mi dicevano che quell’esperienza sarebbe servita da marcia in più all’Università. Purtroppo, invece, è stata ignorata. E ho capito quasi subito, dopo aver presentato ricorso, che negli Atenei italiani avrei trovato le porte chiuse e sarei arrivata sempre seconda. La conferma è arrivata al momento di richiedere l’abilitazione nazionale per associato, che mi è stata negata perché il mio curriculum era... troppo lungo e quindi illeggibile».
Rimpianti se guarda indietro?
«Svolgo attività professionale e di ricerca, collaboro spesso con l’Università basca di San Sebastián, la settimana prossima sarò a Madrid come speaker a Rebuild 2022, ho “fin troppe” deleghe nel Consiglio dell’Ordine degli architetti di Messina, mi occupo di questioni legate al nostro territorio. Vado avanti con tenacia e passione».

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