«Mi fa male leggere quelle cose». Quando sono venute fuori le intercettazioni, l’architetto Celestina Fazia – ora alla ribalta come seconda potenziale parte offesa nell’inchiesta sull’Università di Reggio – racconta di aver provato tanta amarezza. «Provo a non pensarci. Non so chi sia il mio nemico, non so ancora se ce n’è uno, ma di certo quel concorso si è protratto all’infinito e i miei titoli non sono stati valutati correttamente», aggiunge la professionista reggina forte di un curriculum di tutto rispetto e di una serie di ricorsi già vinti al Tar.
Una storia che fa il paio, pur con alcune differenze, con l’esperienza dell’architetto Clara Stella Vicari Aversa, anche lei rimasta impantanata nei presunti concorsi “pilotati” alla Mediterranea oggetto dell’inchiesta della Procura – ancora alle fasi preliminari – costata per adesso la sospensione al rettore Zimbone, al prorettore vicario Catanoso, ad altri quattro professori e a due funzionari amministrativi. Comuni denominatori sono le denunce sulla gestione di due bandi per altrettanti posti da ricercatore, la scelta di rivolgersi alla magistratura e il sostegno dell’associazione “Trasparenza e Merito”.
Architetto Fazia, quando ha deciso di denunciare?
«Dopo un primo annullamento delle procedure concorsuali, tanti ricorsi, un lungo contenzioso, infiniti silenzi, ho capito che stavano per compiere un secondo passaggio che avrebbe ingiustamente azzerato l’iter. E allora mi sono rivolta, con fiducia, anche alla Procura. Via via ho integrato le mie segnalazioni con una serie di atti. E oggi ho piena fiducia nel lavoro della Magistratura».
Dal 2010 al 2020, dieci anni: tanto c’è voluto per completare la selezione. Ma lei non ha ottenuto il posto.
«La questione è ancora aperta, perché ho impugnato il provvedimento dell’Università e il Tar mi ha dato ragione. C’è un appello pendente al Consiglio di Stato. Io ho le mie aspettative di successo, titoli ed esperienze professionali devono essere valutati correttamente».
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