Può un’interdittiva antimafia operare anche in costanza di pericolo per il sostentamento familiare? Potrebbe il provvedimento annientare il reddito familiare? È una questione talmente importante, e soprattutto con interessi primari in gioco, che il Tar ha deciso di segnalare il caso alla Corte Costituzionale.
Lavoro e famiglia
La vicenda riguarda la chiusura di un panificio in città a causa di un’interdittiva antimafia che aveva provocato la contestuale revoca delle autorizzazioni amministrative per poter esercitare l’attività economica. Ma questo aveva provocato non solo l’interruzione delle attività ma anche la perdita di sostentamento della famiglia e altresì la perdita di posti di lavoro per il periodo interessato dal provvedimento della Prefettura. L’impossibilità di un riesame amministrativo per garantire i diritti costituzionalmente garantiti secondo i giudici del Tar reggino è da censurare e per questo si attende una pronuncia specifica della Corte Costituzionale per capire se effettivamente la norma presenta “buchi” o meno e nel caso in cui non siano tenuti in bilanciamento gli effetti del provvedimento con la importante tutela della sicurezza che cosa il legislatore potrebbe fare.
Il caso a Roma
La Consulta ha inserito la questione tra quelle più importanti da discutere la prossima settimana. In particolare il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, solleva questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 92 del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia in relazione agli articoli 3, secondo comma, 4 e 24 della Costituzione. La disposizione, che disciplina il rilascio delle informazioni antimafia, è censurata nella parte in cui non prevede il potere del prefetto di escludere le decadenze e i divieti quando valuti che, in conseguenza degli stessi, verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all’interessato e alla famiglia.
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