Era nascosto all’estero il «tesoro» del clan Iamonte, la cosca di Melito Porto Salvo che ha proiezioni nel Nord Italia ed un vero e proprio «locale» di 'ndrangheta a Desio (MI). Ingenti somme di denaro riconducibili alla cosca erano stati investiti e riciclati in Romania, Bulgaria e Svizzera. Muovendo da questa accusa, una cinquantina di finanzieri, coordinati dal comando provinciale di Bologna eappartenenti anche a reparti del corpo di Milano, Trento e Reggio Calabria, hanno eseguito, sul territorio nazionale e nei paesi interessati, misure cautelari personali e reali nei confronti di diverse persone ed in particolare il sequestro di beni per 4 milioni di euro.
Le misure cautelari disposte dal Gip del Tribunale di Bologna rappresentano l’epilogo dell’operazione «Black Fog» condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria di Bologna, le cui indagini, coordinate dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia sono state fatte tra il 2019 e il 2021. Fra le misure eseguite oggi, gli arresti domiciliari a carico del principale indagato, un italiano, e il sequestro preventivo del capitale sociale di una società italiana, del saldo di due conti esteri (rumeno e svizzero) fino alla concorrenza di 15 milioni di euro, delle quote societarie di due imprese rumene, di tre conti correnti e di due beni immobili siti a Sofia (Bulgaria). L’esecuzione delle misure è avvenuta, contestualmente, in più stati dell’Unione Europea grazie al coordinamento dell’Organismo di cooperazione giudiziaria internazionale Eurojust.
L'inchiesta madre Nebbia Calabra
L’operazione di oggi è conseguenza di una precedente indagine in materia di criminalità organizzata - eseguita dagli specialisti del Gico di Bologna - convenzionalmente denominata «Nebbia Calabra» nel corso della quale era stata rinvenuta documentazione, anche informatica, relativa a cospicui investimenti all’estero effettuati dal principale indagato grazie alla connivenza e al supporto di numerosi «colletti bianchi» legati al mondo della finanza e dell’imprenditoria operanti nel Nord- Est del Paese. In particolare, sarebbero emersi gravi indizi in ordine alla gestione occulta, realizzata attraverso lo schermo societario di diritto rumeno relativo a due centrali idroelettriche in Romania in grado di generare redditi per 2milioni di euro all’anno (la cui titolarità è riconducibile a una società con sede in provincia di Trento), alla disponibilità di numerosi rapporti finanziari in banche svizzere (fra cui 1,6 milioni di dollari USA in seguito movimentati verso un conto sammarinese) e al possesso di immobili di pregio in Bulgaria, oltre a investimenti intitoli USA successivamente movimentati tramite bonifici «mascherati» da finanziamenti fra società estere per 15milioni di euro.
Grazie alle determinanti informazioni fornite dalle Financial Intelligence Unit estere, autorità nazionali indipendenti con funzioni di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, sono state intercettate condotte di trasferimento fraudolento di valori aggravate dal cosiddetto «metodo mafioso», in ragione della vicinanza dell’indagato alla 'ndrina, di cui l’uomo curava gli interessi economici.
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