Il problema non è di facile soluzione: anche quando si parla di dissesto idrogeologico la Calabria non si fa mancare le sue “belle” emergenze. Discuterne significa approfondire il tema della cementificazione selvaggia, degli incendi, dell’illegalità diffusa, forse persino dei cambiamenti climatici e tutto ciò che vi gira intorno. Ci si strappa le vesti all’indomani di alluvioni, bombe d’acqua o semplici piogge che nello sfascio generale seminano panico e distruzione; molto meno facile è porre rimedio concreto. Servono soldi, tanti, impegno concreto e tempo. Secondo uno studio dell’Ispra risalente al 2020, solo in Calabria erano pendenti richieste di fondi 872 progetti pari a 1,7 miliardi di euro. E per quanto riguarda i tempi di attuazione, il campione analizzato nel rapporto Rendis (Repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo) evidenziava una durata media di quasi 5 anni, con picchi - senza differenze tra Nord e Sud del Paese - fino a oltre 10. Per mettere l’intero territorio in sicurezza dal dissesto idrogeologico potrebbero servire fino a 4 miliardi di euro. Tutti i Comuni della regione hanno zone a elevato rischio con possibilità di perdita di vite umane. Il 54% delle frane censite negli ultimi anni ha prodotto danni a persone e cose.
L’emergenza esplosa venerdì a Scilla e parte della Costa Viola ha riacceso i riflettori su un tema mai realmente presente nell'agenda della politica. Se ne parla in queste ore, salvo poi - lo diamo per scontato, sperando di essere smentiti - far calare di nuovo il silenzio.
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