Quaranta minuti di “paura”. È questo il tempo che mediamente occorreva ai camionisti complici dei narcors per spostare con il cuore in gola i carichi di coca dal terminal portuale al luogo indicato per le operazioni di scarico e la consegna ai committenti. Le indagini hanno attestato come dietro alle attività illecite ci fosse una complessa struttura criminale non composta soltanto dai portuali “infedeli”. Per la Dda di Reggio indicativa è l’esfiltrazione del 23 novembre 2020. Modus operandi ricostruito dagli inquirenti: «La sera prima, Domenico Gulluni riferiva all’autotrasportatore Salvatore Cananzi, alias “mussuni”, che l’indomani alle 7 avrebbe dovuto effettuare il recupero del container “contaminato” mettendosi poi in contatto con Francesco Giovinazzo. Il mattino seguente puntualmente entrava in scena Giovinazzo che avvisava i committenti dell’imminenza delle operazioni». Le intercettazioni danno forza al quadro investigativo: «Giovinazzo: “aspettiamo il nostro amico… starà scaldando i motori”; Sciglitano: “è giusto… si deve preparare”. Alle 7.17, sempre nella chat criptata, Giovinazzo informava Francesco Sciglitano che Cananzi li avrebbe contattati non appena uscito dal porto rassicurandolo sul fatto che questi fosse già a conoscenza dei riferimenti del container: “cmq sa cosa prendere”. Alle 8.35, Salvatore Cananzi, a bordo del suo “Scania”, ritirava il container; alle 8.51 comunicava ai complici di essere uscito dal porto e si dirigeva verso Rizziconi». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio