«Perpetuare il nome del defunto padre che, altrimenti, sarebbe andato perso in assenza di eredi maschi». Nel ricorso al Tar di Reggio l’avvocato spiega con chiarezza le ragioni di Patrizia: è per il papà che la sua cliente vuole aggiungersi un nome. “Patrizia Giulio” vorrebbe chiamarsi, con tanto di correzione all’Anagrafe. Peccato che il secondo sia un nome maschile e che le norme lo impediscano; o almeno questa è la conclusione alla quale giungono i giudici del Tribunale amministrativo regionale, che avallano la pronuncia negativa da parte della Prefettura reggina. Patrizia Giulio non sarebbe affatto come – per esempio – Enrico Maria. Il ricorso contro il diniego della Prefettura, quindi, va rigettato. «La valenza esclusivamente maschile del nome Giulio – scrivono i giudici nella sentenza pubblicata nei giorni scorsi – ne impedisce l’attribuzione ad una persona di sesso femminile, ostandovi il chiaro tenore letterale della disposizione di cui all’articolo 35 del Dpr 396/2000. Né giova alla ricorrente fare riferimento all’ipotesi dell’attribuzione del nome “Maria” a persone di sesso maschile, trattandosi di una prassi che affonda le proprie radici in un diffuso sentimento religioso legato alla figura della Madonna e che, pertanto, attesa la sua unicità, non è suscettibile di applicazione estensiva o analogica, non potendole neanche attribuirsi alcuna valenza esemplificativa». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio