Ha risposto, argomentando ad ampio raggio e soprattutto difendendosi rispetto al gravissimo quadro indiziario che Procura e Gip gli contestano nella vicenda che ha travolto l'istituto penitenziario “Panzera” per il presunto caso di torture e violenze subite da un giovane detenuto napoletano. Per ore il comandante della Polizia penitenziaria delle carceri di via San Pietro, Stefano La Cava, con al fianco i difensori, avvocati Antonino Curatola e Alfredo Arcorace, ha affrontato ogni tema gli sia stato sottoposto dal Gip Valerio Trovato e dal Pubblico ministero Sara Prezzan.
La sua posizione è inevitabilmente la più delicata: gli stessi inquirenti, come si evince dall'ordinanza di custodia cautelare a carico dei 13 appartenenti alla Polizia penitenziaria (sei agli arresti domiciliari, due sospesi dall'esercizio professionale, cinque con la misura in stand by e collegata all'interrogatorio di garanzia ma dal quadro accusatorio più attenuato rispetto ai colleghi), hanno rimarcato nelle conclusioni scenari di estrema violenza e pericolosità. Il Gip si è espresso nelle conclusioni dell’ordinanza con particolarità severità: «Sussistono certamente esigenze di tutela della collettività dal reiterarsi di analoghe condotte, che già solo per le modalità adottate manifestano una notevole potenzialità offensiva negli agenti e una spiccata pericolosità sociale. Le specifiche modalità e circostanze dei fatti contestati, unitamente alla spregiudicatezza da questi dimostrata nei fatti per cui si procede, fondano un concreto e attuale pericolo che si possano reiterare reati della medesima specie di quelli oggetto di contestazione».
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