Puntare sul rigassificatore di Gioia Tauro? Un fallimento secondo l’autorevole voce dell’ing. Roberto Mezzalama, esperto in valutazione di impatto ambientale, membro del Consiglio di amministrazione del Politecnico di Torino e collaboratore dell’Università di Harvard. Credenziali accademiche che certificano come sia improbabile che non conosca i termini della questione.
I motivi per Mezzalama sono semplici: il rigassificatore di Gioia Tauro, a differenza delle due navi Fsru (unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione) comprate dalla Snam per fare fronte alla crisi del gas russo, è una struttura fissa che non si può vendere e spostare. «La sua vita utile – spiega – sarà di almeno 25 anni, quindi, se venisse costruita in quattro anni arriverebbe oltre il 2050, anno nel quale, stando alla legge europea sul clima, l’Italia e l’Europa dovrebbero portare a zero le loro emissioni di gas climalteranti. La gran parte della sua vita utile, poi – aggiunge – sarebbe oltre il 2030, anno nel quale sempre secondo l’Unione Europea, le emissioni di gas climalteranti dovranno già essere state ridotte del 55% rispetto al 1990. Questo impianto si troverebbe quindi a competere in un mercato nel quale i consumi di gas sono previsti in costante discesa, infatti il Piano Nazionale Energia e Clima prevede al 2030 una riduzione dei consumi di energia primaria del 43% rispetto al 2007 e una quota del 55% di rinnovabili nel settore elettrico. Settore che oggi assorbe oltre il 40% dei consumi di gas e al 2050 dovrebbe assorbirne una quota insignificante».
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