Reggio

Martedì 30 Aprile 2024

'Ndrangheta a Reggio: la "guardiania" dei Bellocco sull'economia. La madre del boss teneva la "cassa"

L’inchiesta "Blu notte" della Dda di Reggio Calabria ha evidenziato come la cosca Bellocco abbia attuato un’opprimente pressione sulle attività economiche operanti nella zona di Rosarno. Le indagini dei carabinieri, infatti, hanno fatto luce sulle richieste estorsive del clan nei confronti dei titolari di molte attività economiche. Imposizioni che perduravano da anni e che servivano a finanziare le trasferte dei familiari dei detenuti che dovevano recarsi ai colloqui in carcere.

La "guardiania" dei Bellocco

La cosca Bellocco ha imposto la cosiddetta «guardiania», esclusivamente nell’intento di far sentire la presenza degli esponenti mafiosi nella zona. In sostanza, secondo i pm guidati dal procuratore Giovanni Bombardieri, c'era un controllo diffuso delle campagne, attuato attraverso persone incaricate di «farsi vedere», esigendo pagamenti che variavano in base all’estensione del fondo posseduto e ai quali dovevano sottostare tutti, anche se formalmente affiliati alla 'ndrangheta. I soggetti più riluttanti ad assecondare le pretese dei boss subivano furti e danneggiamenti a causa dei quali gli veniva imposto di rivolgersi ai rappresentanti della cosca che, così, agivano in surroga agli organi dello Stato. Inoltre, i vertici della famiglia mafiosa erano riusciti a intrecciare rapporti con alcuni imprenditori che ricercavano la loro copertura, stabilendo un regime falsato dove, alle corresponsioni economiche, conseguiva la possibilità di operare in ambiti di concorrenza alterata.

La madre del boss teneva la "cassa"

La «cassa comune» della cosca era custodita da una donna, Maria Serafina Nocera, di 69 anni, madre del boss Umberto Bellocco. Anche nei suoi confronti, il gip ha disposto il carcere. Sarebbe stata lei, secondo gli inquirenti, a gestire in maniera oculata i soldi del clan che dovevano servire per il sostentamento dei detenuti e per l’attuazione del programma criminale del figlio.

Le pressioni al medico cosentino per i falsi certificati

Le investigazioni, infine, hanno permesso di riscontrare pure le forti pressioni subite da un medico odontoiatra di Cosenza costretto da Francesco Benito Palaia, il cognato del boss Umberto Bellocco, a rilasciare certificazioni che attestavano false patologie. Per i pm della Dda di Reggio Calabria, quei certificati servivano all’indagato, arrestato stamattina nell’operazione «Blu notte», per ottenere permessi medici spendibili come alibi che gli avrebbero consentito di allontanarsi dall’abitazione, dove era sottoposto agli arresti domiciliari, ed effettuare incontri con altri esponenti mafiosi.

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