Ancora una volta sotto i riflettori i traffici di droga sullo Stretto: “ponti” fatti di cocaina, eroina, hascisc e marijuana che coinvolgono importanti famiglie della Locride, pronte a rifornire il mercato messinese storicamente florido per le ’ndrine.
A raccontare particolari su accordi e consegne di carichi di stupefacenti è adesso il collaboratore di giustizia messinese Giovanni Bonanno che, sentito per la prima volta a giugno 2021, riferisce alla Dda peloritana fra l’altro del suo ruolo da intermediario con i calabresi. Dichiarazioni che, confluite nell’ordinanza di custodia cautelare, hanno contribuito in maniera determinante alla raffica di arresti scattati tra Messina e la Locride all’alba dì martedì su disposizione del gip di Messina in accoglimento delle richieste della Procura antimafia siciliana. Nove i calabresi attinti da misure cautelari: Bruno Gioffrè e Antonio Pelle di Locri, Saverio Maisano di Palizzi, Antonino Davide Zaccuri, Francesco Alati e Pasquale Mollica di Melito, Daniele Sulas, Umberto e Antonio Giuliano Suraci di Reggio. I primi due, in particolare, sono al centro di alcune confessioni del pentito.
Dal debito all’amicizia
Bonanno ammette di aver fatto il corriere «per conto di Giovanbattista Cuscinà, detto Giovanni, alias “coccolo”». Un’idea nata quasi per caso: la compagna di Bonanno sarebbe originaria di Bianco, dove un fornitore calabrese – Peppe – gli diede appuntamento un fine settimana. Il rapporto sarebbe nato «tramite Filippo Bonanno, che ha una rivendita di pesce» a Messina, e «mi chiese se volevo fare un viaggio per un approvvigionamento di droga, poiché il corriere a cui si rivolgeva aveva dei problemi». Con Peppe si sarebbero visti, insieme ad un cugino di quest’ultimo di nome Totò, sulla Statale 106. Il verbale è del 9 giugno 2021: «Bonanno mi aveva chiesto di mettermi d’accordo con questo Peppe per trasportare la droga a Messina. Bonanno tuttavia doveva pagare ancora delle forniture di droga a questo Peppe. Quindi, quando Io incontrai al bar a Bianco, Peppe mi chiese se Bonanno mi aveva dato i soldi a lui dovuti da consegnargli: io non avevo ricevuto nulla, e Peppe mi disse che senza soldi non si poteva fare nulla. Al mio ritorno a Messina andai da Bonanno, che mi aveva contattato la sera di domenica per messaggio: quando ci incontrammo gli dissi che Peppe non mi aveva dato droga perché lui non gli aveva mandato i soldi delle precedenti forniture».
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