Enrico De Rosa, Stefano Tito Giuseppe Liuzzo, Mario Chindemi, Maurizio De Carlo, Maurizio Cortese, Seby Vecchio e Roberto Moio: sono sette i collaboratori di giustizia che hanno contribuito a rafforzare il quadro delle accuse sostenuto dalla Direzione distrettuale antimafia contro i fratelli Francesco e Demetrio Berna, entrambi a processo per l'operazione “Libro nero” (in fase di celebrazione in primo grado) e colpiti dal provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca emesso dal Tribunale sezione misure di prevenzione su proposta formulata congiuntamente dal procuratore Giovanni Bombardieri e dal questore Bruno Megale. Un provvedimento che ha messo sotto chiave un patrimonio da 45 milioni tra società e quote sociali detenute in 18 società, di cui una in Florida (Stati Uniti), di una ditta individuale, 10 veicoli, 337 fabbricati, 23 terreni, rapporti finanziari.
Accuse ancora da al vaglio di giudici e Tribunali. Ed infatti gli stessi inquirenti sottolineano di argomentare l'operazione «allo stato degli atti e fatte salve successive valutazioni».
Restano le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Tra tutti spicca Enrico De Rosa, l'immobiliarista dei clan, il fedelissimo del boss Nino Caridi, per conto del quale si occupava proprio della valutazione criminale degli appalti pubblici o dei lavori di edilizia privata per imporre tangenti a seconda delle dimensioni dell'affare. Gli inquirenti evidenziano: «Significativa è l'espressione con la quale il De Rosa, nel corso delle sue dichiarazioni, sintetizza l'intraneità dei germani Berna alla consorteria Libri: " ... si scrive Berna ma si legge "Libri». Aggiungendo: «Orbene il De Rosa ha indicato gli indagati come imprenditori attivi, principalmente, nel settore edile ed immobiliare. In particolare, nel corso dell'interrogatorio del 20.09.2014, Enrico De Rosa ha indicato la “Berna Costruzioni”, di proprietà degli odierni proposti, quale espressione imprenditoriale sul territorio di Reggio Calabria (e non solo) della cosca Libri.
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