Difendere l’onore, salvare l’immagine della famiglia: sono le vecchie regole non scritte della ’ndrangheta, quelle che passano anche da relazioni extraconiugali da bloccare. E pure in questo senso tra le migliaia di pagine dell’ordinanza dell’operazione “Hybris” – che nei giorni scorsi ha smantellato i nuovi assetti delle cosche Piromalli e Molè con una raffica di arresti – c’è uno spaccato di sottocultura mafiosa fatto di minacce, violenze e messaggi trasversali. Premesso che non faremo alcun nome per non favorire l’identificazione dei due amanti clandestini, c’è stata anche una relazione extraconiugale – con tanto di figlio – a scaldare gli animi tra i Piromalli. La soluzione? Un’intercettazione è chiara: «Tu prendi a tuo figlio davanti a me e lo sotterri, io prendo a mia nipote andiamo insieme e li sotterriamo... andiamo io e te... ». Uccidere per “lavare” l’offesa fatta alle famiglie. E fare terra bruciata. Lei, d’altronde, era stata già cacciata dal lavoro: «Noi non vogliamo sapere niente! O l’ammazzano, o si affogano, o si... perché dice: uno dice, a me queste cose non mi piacciono, anzi, gli dico di più, io me ne ero accorto tanti mesi così e così… L’ho buttata fuori apposta e loro lo sanno... Se la intende con questo qua... e non voglio avere problemi... vabbò, ok e questo fatto non... e dopo qualche quattro cinque mesi succede il casino!», si sente in un’altra conversazione captata dagli inquirenti. Stare alla larga e, se tutti d’accordo, punire: fortuna che almeno in questo caso l’idea estrema è stata bocciata. «Quelli si tirano fuori...», dice un intercattato confermando comunque «lo stato di tensione e acrimonia tra le due famiglie» annota la Dda. Proprio dalle conversazioni di un parente gli inquirenti ricostruiscono la storia. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina