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“Martingala”, così la Corte d’appello di Reggio ha ribaltato 6 condanne

Depositate le motivazioni della sentenza di assoluzione in uno stralcio della maxinchiesta su un presunto sodalizio della Locride

Si racchiudono in circa 200 pagine le motivazioni della sentenza della Corte d'appello di Reggio nell’ambito di uno stralcio della maxioperazione “Martingala”. Lo scorso dicembre i magistrati reggini (presidente Giancarlo Bianchi, consiglieri Francesca Di Landro e Elisabetta Palumbo) hanno ribaltato la sentenza del gup distrettuale con 6 assoluzioni e una condanna con pena ridotta rispetto al primo grado quando, nel 2020, tutti erano stati giudicati colpevoli.
Le statuizioni della Corte d'appello sono state depositate nei giorni scorsi. Per le posizioni di Francesca Ceravolo (assistita dall’avv. Rocco Mollace) nonché dell’imprenditore Domenico Gallo e di Serafina Ceravolo (entrambi difesi dagli avv. Antonio Speziale e Marco Gemelli), i giudici evidenziano che «non appaiono sussistere elementi probatori a carico neppure sintomatici della contestata intestazione fittizia», tanto che «la ricostruzione non appare in alcun modo poter integrare le condotte delittuose». E Domenico Gallo è stato assolto anche dalle accuse di bancarotta fraudolenta, condotte distrattive rispetto al fallimento di una società riconducibile ad altro soggetto e concorso nel reimpiego di somme di asserita provenienza illecita.
I giudici hanno recepito anche l’appello dell’imprenditore Antonio Nicita (avv. Leo Stilo e Leonardo Rosa), evidenziando che «in relazione all’intestazione fittizia della Pro-Edil, ritiene la Corte che urti irrimediabilmente contro l’impostazione accusatoria proprio il fatto che l’imputato ha operato nella qualità di procuratore speciale e/o consulente tecnico per la stessa società, fatturando i corrispettivi», quindi non vi sono riscontri alle asserite “finalità dissimulatorie in seno alla predetta società”. Dunque «del tutto contraddittorio è il quadro probatorio tale da determinare l’assoluzione per insussistenza del fatto. Difettano poi di conseguenza – aggiunge la Corte – anche gli elementi costitutivi del delitto di autoriciclaggio».

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