Avevano una spasmodica necessità di recuperare munizioni per i loro kalashnikov e di possedere altre armi (pistole automatiche, a tamburo, silenziatori) per alimentare l’arsenale di cui erano già abbondantemente dotati gli affiliati del clan Piromalli; ciascuno avanzava preferenze su calibri e modelli, forti di una conoscenza balistica approfondita, con l’intento non solo di averle “tanto per” ma di utilizzarle per commettere reati.
Sono le stesse conversazioni chiaramente auto accusatorie degli indagati e riportate nel fascicolo dell’inchiesta “Hybris” a chiarirlo, facendo luce sul potenziale e sull’efficienza della santabarbara a disposizione del gruppo, nell’assoluta inconsapevolezza di essere intercettati persino ai bordi di una pista di motocross in contrada Ciambra.
Dalle conversazioni captate tra i fratelli Domenico e Cosimo Romagnosi, Andrea Alampi e Vincenzo Barillà gli investigatori, ad esempio, hanno rilevato la detenzione di una pistola da parte di Alampi e di Domenico e Cosimo Romagnosi; di un kalashnikov da parte di ciascuno dei dialoganti; di una pistola calibro 22 nella disponibilità di Barillà, che sarebbe stata offerta in vendita allo stesso Alampi insieme ad una serie di munizioni e silenziatori che l’indagato aveva provveduto a nascondere su indicazione del padre Alfonsino, arrestato proprio per detenzione di armi, nel 2017.
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