Dalla sala rianimazione alla sedia a rotelle; dalla sedia a rotelle alla normale deambulazione. No, non è un miracolo quello accaduto a Chiara, una giovane di Careri che a inizio settembre del lontano 2012 è stata colpita da un’emorragia celebrare. È una storia di costanza, determinazione, forza di volontà che, unite a quegli esempi di buona sanità che esistono anche da queste parti, induce alla speranza e all’ottimismo. Eppure, la giovane vita di Chiara, appena trentenne all’epoca dell’ictus, sembrava destinata a interrompersi bruscamente. Ci vollero 18 giorni di ricovero in Rianimazione e un lungo periodo di degenza in Neurologia per farla dichiarare fuori pericolo. Quell’autunno lo trascorse in una struttura di Crotone per la riabilitazione di base, per tornare a casa prima di quello che sarebbe stato il più bel Natale della sua vita. Quelle feste, infatti, segnarono l’inizio delle sue battaglie per il completo recupero, tutte passate attraverso le rivendicazioni di diritti fondamentali, come l’assistenza domiciliare con terapista e infermiere, le cure da logopedista e psicologa, un paio di calzature su misura all’anno, al netto delle tante cure a pagamento che i suoi familiari non le hanno mai fatto mancare. Certo, non sono mancati gli incidenti di percorso, come accadde nel 2016, quando in un’altra struttura calabrese qualcosa andò storto durante il trattamento con la tossina botulinica, causando il blocco di due dita della mano. Il passo decisivo furono le cure all’Unità operativa complessa di recupero e rieducazione funzionale dell’ospedale di Locri prestate dal primario Raffaele Antonio Argirò e dal fisiatra Antonio Mileto, decisive nel recupero della funzionalità degli arti, nonostante le ataviche carenze di attrezzature adeguate nel presidio di via Verga. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio