Da un lato il procuratore regionale secondo cui ci sarebbe stato un danno erariale di 507mila euro, dall’altro i due citati a giudizio per i quali la gestione è sempre stata assolutamente regolare; e in mezzo ci sono i giudici della sezione giurisdizionale per la Calabria della Corte dei conti, chiamati a decidere sul “caso” del Museo della ’ndrangheta, storica struttura reggina gestita dall’associazione “Antigone”. In discussione la presunta indebita percezione di contributi afferenti ad una serie di progetti, finanziati con fondi della Città metropolitana di Reggio Calabria (all’epoca Provincia) e della Regione. Con una sentenza-ordinanza dei giorni scorsi è stato, intanto, definito un primo punto importante nel giudizio: si tratta della dichiarazione di inammissibilità della citazione nei confronti di Antonio Claudio La Camera, coinvolto nelle vesti di rappresentante legale pro tempore dell’associazione “Antigone”. Esce dunque dal procedimento La Camera, per i quali i giudici hanno accertato (accogliendo un’eccezione difensiva in tal senso) la mancata notifica del prodromico invito a dedurre, oltre che dell’atto di citazione. Nel caso specifico, infatti, per La Camera – che dal 2015 ha residenza anagrafica in Germania e risulta iscritto all’Aire – le notifiche delegate all’Ambasciata italiana «non risultano andate a buon fine», così come quelle nel (presunto) “domicilio fiscale” di Reggio Calabria. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio