
I lavori sono in corso, la saracinesca ancora è abbassata. Ma è bastata solo l’insegna per riuscire a scuotere la sonnacchiosa politica cittadina. «Il dado è tratto», annuncia senza grande enfasi il dott. Eduardo Lamberti-Castronuovo. E queste quattro piccole parole hanno immediatamente messo in moto meccanismi (politici) fermi da tempo e a disegnare orizzonti nuovi per Reggio e dintorni.
Ma non è troppo presto per aprire una segretaria politica che suona come una dichiarazione di guerra?
«Assolutamente no. L’avevo detto tempo fa che ero a disposizione della città e io sono un uomo di parola. Quando dico una cosa, poi la faccio. Il mio, oggi, è un atto di pura disponibilità per cercare di migliorare le condizioni di vivibilità della città. E vuole essere anche un atto di coraggio contro l’arroganza del potere di partiti che si disinteressano completamente di Reggio per anni e poi in prossimità delle elezioni si “svegliano” e impongono candidati del nulla. Non permetteremo più che venga il Salvini di turno a imporre un Minicuci come candidato a sindaco. Questa è pura arroganza dei partiti. Io credo, invece, che la candidatura a sindaco debba venire dalla gente».
Ma i partiti esistono ancora?
«Difficile pensare ai vecchi partiti. Il centrodestra ha perso le ultime elezioni comunali pur avendo la vitoria in tasca, perché ha proposto il candidato sbagliato e ha riconsegnato la città a Giuseppe Falcomatà. Il centrosinistra continua a perdere voti. Il Pd, poi, riguardo a quello che è successo e sta succedendo in città è quantomeno distratto... Se i partiti non riescono più a dare risposte al popolo vuole dire che hanno esaurito la loro missione».
Lei è medico. Il “polso” della città che dice?
«Risponde bene. Non appena si è sparsa la notizia dell’apertura della mia segreteria ho ricevuto oltre mille messaggi d’incoraggiamento e di stima... il giusto propellente per andare avanti».
E se i partiti domani si accorgessero di Lamberti?
«Se un giorno crederanno in noi ben vengano. Udine docet».
Senza andare troppo lontano basta guardare a Villa San Giovanni, dove Giusy Caminiti da sola ha sbaragliato tutti i partiti.
«Come ho detto prima a me piace una candidatura nata dal basso, voluta dalla gente, e che cresca giorno dopo giorno. Lo scopo della segreteria è questo: ascoltare la gente e rispondere ai suoi bisogni. Siamo stufi di seguire le indicazioni del capetto di turno che sceglie da solo e fa danni».
Cosa l’ha spinta a rompere gli indugi?
«Il guardarmi intorno e non riconoscere più lamia città. Reggio non può andare avanti così. Se, per esempio, fossi stato sindaco non avrei mai accettato quei lavori di Piazza De Nava, perché l’utilizzo di quei cinque milioni grida ancora vendetta, e non avrei mai attuato piccoli interventi che non hanno senso. La gente chiede altro. All’Amministrazione comunale serve un coordinamento forte con il Governo centrale ma bisogna cambiare la prospettiva con cui guardare le cose. Io auspico una autentica rivoluzione dal basso».
Le piace l’idea del Ponte sullo Stretto?
«Sul Ponte non siamo noi a decidere. Bisogna, però, avere certezze e adeguarsi alle prospettive future. Io guardo con grande interesse sempre all’Area dello Stretto mi piacerebbe una maggiore conurbazione di Reggio e Messina ma per farla servono prezzi più bassi nei collegamenti, sia pedonali che con le auto. Considero, inoltre, l’aeroporto vitale, non si possono pietire voli ma ottenerli perché servono. E serve pure la continuità territoriale. E guardando oggi a come è ridotto il Lido comunale mi viene in mente solo una parola: vergogna».
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