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Reggio, il certificato medico che “anticipò” le coliche renali di una detenuta

Nel processo per la gestione disinvolta delle carceri affrontata la posizione del dottore Pollio. L’investigatore della Polizia penitenziaria ai difensori: «Appreso dalle intercettazioni nell’ufficio della direttrice»

Anche un medico tra i tre imputati del processo all’ex direttrice delle carceri di Reggio, la dottoressa Maria Carmela Longo, accusata di aver gestito in maniera disinvolta, e in alcune circostanze anche illecita a tal punto da dover rispondere anche dell'aggravante «dell’agevolazione mafiosa». Con una posizione secondaria, forse marginale, il dottore Antonio Pollio, medico dell'Asp, è finito a processo per aver redatto un certificato medico attestando falsamente di aver sottoposto a vista medica la detenuta Caterina Napolitano, adesso coimputata.

L'ultima udienza (come da verbale del 16 marzo) è stata incentrata sulla sua specifica posizione, con il principale testimone della Procura - Gianni Chiapparella, appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria impiegato presso il Nucleo investigativo centrale di Roma - ad affrontare in Tribunale (il collegio è presieduto da Greta Iori, giudici a latere Marco Cerfeda e Elsie Clemente) il controesame dei legali del dottore Antonio Pollio, gli avvocati Francesco Calabrese, Giuseppe Morabito e Santa Spinelli.

Fatali per il medico delle carceri di Reggio le intercettazioni nell'ufficio dell'allora direttrice. Ispettore Chiapparella: «Intercettazioni soltanto ambientali». Avvocato Calabrese: «Perché c’era la microspia all’interno dell’Ufficio della dottoressa Longo. Voi sentite anche delle conversazioni telefoniche?». Chiapparella: «Sì, perché diciamo è come il doppio intercettore, perché quando poi ricevi una telefonata dal telefono fisso, noi ascoltiamo quella telefonata. Sentiamo solo chi è presente nell’Ufficio».

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