Le indagini sulla “locale” di ‘ndrangheta di Bianco confluite nell’operazione “Eureka” hanno documentato l’esistenza e l’operatività di una stabile associazione criminale che, secondo gli inquirenti, avrebbe fatto capo ad elementi della famiglia Strangio “Fracascia” di San Luca, nelle cui fila operano esponenti delle cosche di ‘ndrangheta dei Nirta alias “Versu” e Strangio alias “Janchi“, protagoniste della strage di Duisburg, nonché delle famiglie dei Giampaolo detti “Nardo“, Giorgi intesi “Suppera“, dei cosiddetti “Tranca“, nonché dei Pipicella, quest’ultimi, a loro volta, legati alla cosca dei Mammoliti “Fischiante.”
Tra i vertici dell’associazione figurano Vincenzo Giorgi e Marcello Nirta, indagati in un altro filone dell’indagine coordinata dalla Dda reggina e ritenuti operanti, rispettivamente, in Italia e in Belgio. Ed è da quest’ultimo procedimento che si innesca quello relativo al territorio di Bianco, in quanto proprio dai citati Vincenzo Giorgi e Marcello Nirta si arriva a Pasquale Bevilacqua, imprenditore originario di Bianco, rientrato di recente in Italia dopo molti anni trascorsi in Australia, ove aveva stabilito la sede principale dei suoi affari.
Sottoposto ad intercettazione, Pasquale Bevilacqua, indagato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, così si sarebbe espresso: «Calabria, Calabria, non Sicilia (...) Perché ho molti affari qui, degli affari di merda. Sai cosa succede ora qui, in Europa se hai 5 milioni euro ci sono 20 milioni da investire. 50% mai da restituire. 20% … (incomprensibile)... Devi solo creare il business; In tutta Europa, ovunque tu sia, tieni il denaro. La gente qui, io lo sto facendo qui in Calabria perché c’è molto denaro della droga perché i Calabresi sono più famosi di Pablo Escobar in tutto il mondo per il traffico di cocaina... L ‘unico problema sono i poliziotti che ti bloccano tutte le volte, se non possono andare avanti (incomprensibile) rischio di perdere tutti soldi”».
«Ad avviso di questo giudice – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – come correttamente pone in evidenza il pm, la conversazione appare di fondamentale importanza indiziaria nell’ottica diretta a delineare le dinamiche seguite dal Bevilacqua per la gestione dei suoi interessi economico-imprenditoriali», e tra i progetti imprenditoriali monitorati: «vi era l’acquisto, da parte di Bevilacqua Pasquale: di un ristorante in Costa Azzurra con Giorgi Vincenzo; di un ristorante in Bianco con Pelle Carmelo e del villaggio “Ionio Blu“, importante struttura turistica di Bianco».
Ad avviso del gip distrettuale «è stata la stessa viva voce del Bevilacqua a consentire agli inquirenti di tracciare anche la sua posizione di concorrente esterno, ovvero di imprenditore in affari con la ’ndrangheta. Le sue parole sono di una chiarezza unica all’atto in cui riferiva che realizzava i propri affari in Calabria, i propri importanti progetti imprenditoriali, potendo far convogliare in detti affari, dal punto di vista finanziario, gli illeciti profitti che le organizzazioni di ‘ndrangheta ricavano dal grande affare del narcotraffico».
«Il Bevilacqua – prosegue ancora il giudice – aveva fatto una precisa e strategica scelta imprenditoriale, vale a dire di investire con la ‘ndrangheta. Così come dalla viva voce di fonti qualificate, a lui vicine, è emerso come la ‘ndrangheta avesse ed abbia bisogno del Bevilacqua e non si fa fatica a comprenderne il motivo/significato: investire, riciclare danaro di illecita provenienza».
Ed ecco le risultanze investigative, relative a un villaggio turistico di Bianco, all’acquisto e ristrutturazione di un ristorante sul lungomare di Bianco: «Ai locali commerciali avviati con Giorgi Vincenzo all’estero, che non ha certo bisogno di presentazioni dal punto di vista delinquenziale/criminale, rappresentano un formidabile e inconfutabile riscontro, ove ve ne fosse l’esigenza, in merito alla posizione del Bevilacqua».
Ritiene, in definitiva il gip reggino che la circostanza per la quale il 52enne Bevilacqua non abbia portato a compimento il progetto imprenditoriale relativo al villaggio turistico di Bianco «non incide sulle conclusioni a cui si è giunti; infatti, non sono ben note le reali ragioni del suo allontanamento dall’affare e le risultanze di indagine danno conto di come, per come dallo stesso affermato nelle conversazioni captate, sia un imprenditore che ha deciso da tempo di fare affari anche con i capitali illeciti di cui la ‘ndrangheta dispone, secondo dinamiche ben note. Allo stato delle risultanze investigative si ritiene raggiunta la soglia di gravità indizi aria in relazione alla contestazione di partecipazione esterna».
L’imprenditore di Bianco che “flirtava” con le ’ndrine
Le indagini sulla “locale” del paese costiero e sui collegamenti con alcune famiglie di San Luca
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