Reggio

Lunedì 29 Aprile 2024

Giuseppe Romeo, il sanluchese era un “re” del narcotraffico

Emergono nuovi dettagli dall’indagine antidroga che l’altro ieri ha portato all’esecuzione di un’ordinanza del gip di Bologna nei confronti di 41 persone nell’ambito di un’operazione della Dda bolognese, coordinata dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo – alla luce di convergenze emerse con altri filoni investigativi delle Procure di Firenze, Potenza e Trento – e condotte, per quasi 2 anni, dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Bologna. Al centro dell’inchiesta soggetti ritenuti a vario titolo contigui o vicini a consorterie della ‘ndrangheta di San Luca e del Crotonese. Il leader della narcoassociazione sarebbe stato identificato in Giuseppe Romeo, già condannato in due processi antidroga a Reggio Calabria e Torino, con esclusione dell’aggravante mafiosa. Romeo, 37 anni, ritenuto vicino alle famiglie di San Luca, è descritto nell’ordinanza del gip Alberto Gamberini come il fulcro di numerose azioni criminose. Da un passaggio della richiesta, contenuta nell’ordinanza, si ricostruiscono una serie di vicende di interesse investigativo. Tra queste emerge, dall’analisi delle chat “Sky Ecc”, la capacità del sodalizio di muoversi in contesti internazionali: «Figura cardine in tal senso – si legge – era Romeo Giuseppe, principale promotore dell’associazione, capace di venir meno, in nome del profitto, a uno dei dogmi della ’ndrangheta (ovvero relegare gli illeciti affari solo all’interno del clan), instaurando collaborazioni con altre realtà criminali presenti non solo sul territorio nazionale (altre ‘ndrine, clan dei Casamonica, criminalità milanese e albanese), ma anche con i cartelli della droga del Sudamerica». «L’operato di Romeo, soggetto in contatto con pressoché tutti i maggiori cartelli del narcotraffico – prosegue il magistrato bolognese – faceva sì che le condotte delittuose dell’associazione acquisissero la connotazione della transnazionalità: le ingenti forniture di cocaina, acquistate da varie organizzazioni criminali dell’America Latina (trattando direttamente con alti esponenti colombiani, brasiliani, boliviani ed ecuadoregni), venivano infatti pianificate, dirette e controllate da Romeo dalla sua dimora in Spagna, dove si era dato alla latitanza». Sul punto si legge ancora: «Dopo occasionali scali in Afirica (Costa d’Avorio) la droga, giunta nei porti del nord Europa (soprattutto Amburgo, Rotterdam e Anversa), veniva poi trasportata in Italia per essere smerciata su tutto il territorio nazionale e in particolar modo al Nord, grazie alla centralità emiliana del sodalizio e all’incessante opera dei soci ivi dimoranti, che commettevano quindi un’impressionante sequela di attività criminali estese in diversi Paesi e che violavano le leggi di più Stati».

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