«Il porto di Gioia Tauro è un vero e proprio hub del traffico internazionale di droga: l’anno scorso in Italia è stato sequestrato qui l’80% di tutta la cocaina sequestrata alla frontiera marittima, e poco più del 60% del totale delle sostanze stupefacenti». Ad affermarlo è stato il prefetto Vittorio Rizzi, vice capo della Polizia e direttore centrale della polizia criminale, intervenendo alla presentazione della relazione annuale della Direzione centrale per i servizi antidroga. «Gioia Tauro non è solo il punto di arrivo della droga destinata al mercato italiano – ha spiegato Rizzi – ma anche nodo di transito di quella diretta ad est, verso l’area Balcanica». Oltre alle provenienze classiche (Ecuador, Colombia, Nicaragua, Brasile e Guatemala), i trasporti di coca sarebbero infatti realizzati anche lungo questa rotta emergente, per la maggior parte su navi portacontainer e da carico che, dopo aver fatto tappa a Gioia Tauro giungono nei porti dei Paesi dell’area balcanica, del Mar Egeo (Turchia, Grecia) e del Mar Nero (Bulgaria, Romania), dove le organizzazioni criminali possono contare su una fitta rete di contatti, che ne agevolano i traffici. Infine c’è la Libia, Paese che, oltre ad essere un importante corridoio per il transito, è divenuto anche un punto di stoccaggio di stupefacenti, provenienti da tutti i continenti, in grado di soddisfare il mercato clandestino dei Paesi limitrofi. Secondo fonti del Dipartimento della Polizia Antidroga libica, nell’ultimo decennio, oltre al sequestro di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, si è giunti all’individuazione di una rotta “desertica” e di una “via del mare” quali principali itinerari libici utilizzati dalle organizzazioni di narcotrafficanti. In Libia, negli ultimi cinque anni, sono stati centinaia i sequestri di sostanze stupefacenti, in particolare hashish, cocaina, eroina e soprattutto droghe sintetiche e psicofarmaci (nello specifico il tramadolo). La grande maggioranza delle droghe sequestrate era destinata ai porti ed aeroporti europei, in particolare italiani, come quello di Gioia, ritenuto dai gruppi criminali dediti al narcotraffico la “porta d’entrata” verso l’Europa. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio