Anche per i Giudici Supremi sono stati loro i protagonisti di una delle recenti fasi della “guerra” criminale a Gallico, lo scontro tra gruppi di ’ndrangheta che scorrazzavano nell'antica frazione a nord della città e candidarsi al vertice della “locale” di ’ndrangheta rimasta senza gerarchie. Inchiesta che ha riguardato anche l'omicidio di Fortunata Fortugno, la donna vittima innocente dell’agguato al Torrente Gallico della sera del 16 marzo 2018 quando ebbe la drammatica sfortuna di trovarsi in compagnia di colui che per Procura e Squadra Mobile era il reale obiettivo, Demetrio Logiudice, meglio conosciuto come “Mimmo u boi”, che gli stessi inquirenti inquadrano come «un personaggio di primo livello dei clan della città». Un’altra pista investigativa parlò di un tentativo di rapina degenerato in immane tragedia.
A cinque anni dai fatti, diventano definitive tutte e quattro le condanne già inflitte dalla Corte d'Assise d'Appello per gli imputati del processo “De Bello Gallico”. I Giudici “Ermellini” hanno rigettato in blocco i ricorsi confermando le pene: Paolo Chindemi, 18 anni, 1 mese e 10 giorni di reclusione (l’unico a rispondere anche dell'omicidio); 11 anni e 8 mesi la pena rideterminata a carico di Santo Pellegrino; 14 anni e 8 mesi per Ettore Bilardi; 12 anni e 8 mesi per Pietro Pellicanò (gli ultimi tre rispondono esclusivamente di associazione mafiosa). Del gruppo criminale gallicese faceva parte - arrestato ed imputato proprio nella retata “De Bello Gallico” - Mario Chindemi, divenuto all'indomani della misura cautelare collaboratore di giustizia e grande accusatore della stessa organizzazione di cui era uno dei più attivi esponenti: per lui la condanna a 7 anni era già definitiva non avendo avanzato ricorso in Cassazione anche perchè in secondo grado aveva beneficiato di tutte le agevolazioni, attenuanti e riduzione di pena conseguenti il suo status da collaboratore di giustizia.
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