Estraneo all'omicidio di Antonino Morelli. Interrogato in carcere a Palmi, a due mesi esatti dal delitto consumato al rione Marconi, ha provato a difendersi fornendo la sua versione dei fatti, Saverio Bevilacqua, il 30enne esponente della comunità rom della periferia sud, arrestato quale complice del presunto killer di Antonio Morelli, ucciso dal cognato, Damiano Bevilacqua, nel pomeriggio dell’11 maggio davanti le palazzine del rione Marconi all'apice di un violento scontro in famiglia. L'interrogatorio, davanti ai difensori Alberto Marrara e Basilio Pitasi del Foro di Reggio, è stato condotto dal sostituto procuratore Stefano Musolino, il magistrato dal pool antimafia che sta coordinando le indagini della Squadra Mobile. Davanti al Gip, nelle 48 ore successive all'arresto, Saverio Bevilacqua si era avvalso della facoltà di non rispondere. Adesso ha chiesto di rispondere a tutte le domande degli inquirenti. In sintesi, secondo la sua tesi, avrebbe solo dato un passaggio dopo un incontro casuale a chi adesso è accusato di essere stato il killer; non sarebbe stato a conoscenza dei propositi di sparare, culminato in omicidio, nè di ciò che volesse fare e né tantomeno di cosa abbia effettivamente commesso. E di fronte alle contestazioni degli inquirenti, che fanno leva sulle immagini della videosorveglianza acquisiste sulla scena del crimine e che ai poliziotti della “Omicidi” della Squadra Mobile hanno spianato la strada verso l'identificazione di killer e complice. Spiegata dall'indagato la sparizione per un paio di giorni da Reggio, all'indomani della sparatoria mortale: Saverio Bevilaqua ha spiegato al Pm Musolino di essere stato a Torino per accompagnare la moglie per una visita medica già programmata. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio