Avrebbero fatto uscire dal porto di Gioia Tauro quintali di cocaina attraverso un sofisticato metodo di individuazione e di occultamento dei carichi. La squadra di portuali infedeli e narcos, finiti nell'inchiesta della Gdf denominata “Tre croci”, dovranno affrontare il processo così come richiesto dalla procura antimafia di Reggio Calabria. Nella giornata di ieri, infatti, l'ufficio diretto dal procuratore capo Giovanni Bombardieri ha chiuso le indagini nei confronti delle 38 persone rimaste coinvolte nell'operazione eseguita all'alba del 6 ottobre dello scorso anno. Secondo quanto emerso dall'inchiesta, al vertice dell'organizzazione ci sarebbero stati i napoletani Raffaele Imperiale, Bruno Carbone e i fratelli Bartolo e Antonio Bruzzaniti. I vertici si avvalevano in Calabria con una «specifica struttura operativa – si legge nel decreto chiusura indagine – composta anche da squadre di operatori portuali infedeli, dotata di elevatissime disponibilità finanziarie allo scopo...di reperire e acquistare all'estero, importare, trasportare in Italia attraverso navi cargo in arrivo al porto di Gioia Tauro nonché commercializzare ingenti quantitativi di» cocaina. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria