Locri, la mamma di Massimiliano Carbone a 19 anni dall'omicidio: “Miserabili, se siete uomini dite la verità”
Con una preghiera durante la messa che sarà celebrata venerdì 22 settembre alle 18,30 in Cattedrale, sarà ricordato Massimiliano Carbone, imprenditore assassinato a soli 30 anni. Vittima innocente di ’ndrangheta, nella sua città.
Signora Liliana, 19 anni senza Massimiliano. Cosa rimane di lui?
«Di mio figlio, giovane di 30 anni per sempre, ho tutto nitidamente presente. Mi restano molte immagini della sua normale quotidianità, la sua tenerezza verso le persone deboli e per ogni creatura vivente. Mi resta la sua riservatezza quando veniva a prendermi all’uscita dalla scuola elementare “De Amicis”, e mi prendeva di mano i libri. E le sue espressioni quando mi parlava della donna che lo aveva reso padre, e di suo figlio. Restano vivi il suo sorriso triste e gli occhi rivolti a quel balcone del primo piano di un condominio quasi di fronte al nostro. Mi incidono l’anima i due inaspettati straordinari arcobaleni apparsi sulla chiesa quando Massimiliano ne usciva per andare a riposare per sempre, e il silenzio grave surreale sul sagrato. Non ci fu un applauso».
E poi?
«Di Massimiliano rimane suo figlio Alessandro, un 24nne dall’identità incontrovertibile, provata da una tomba violata e sancita da più tribunali, e un percorso anagrafico tortuoso sul quale, a parere di un Procuratore della Repubblica, continuano ad agire poteri forti. Rimane la sua Bellezza: il suo volto e il suo animo hanno fatto ombra a tanti miserabili che si sono organizzati per cancellarli. Rimane il suo nome, riconosciuto in tutta Italia ogni 21 marzo, quando viene pronunciato nella lettura dei tantissimi nomi delle vittime innocenti delle mafie nella Giornata della Memoria e dell’impegno con la cura e l’amore dell’associazione Libera. Il nome di mio figlio colpevole di vita mi avvolge come un mantello che mi protegge dalla bruttura della realtà».
Quali sono oggi i suoi sentimenti, le speranze, le delusioni?
«Sono ormai anziana e oltre un lutto ineffabile che è mutilazione della mia anima di madre, ho dovuto affrontare logoranti e terribili situazioni per rispondere al bisogno di verità e di giustizia che è di Massimiliano, della nostra famiglia e di quella parte di comunità che davvero possiede un’etica e coltiva valori. Per chi ha avuto interesse nel decidere la morte violenta di mio figlio non ho mai invocato un patibolo nella pubblica piazza, anche perché bisognerebbe innalzarne davvero molti».
E quindi? La speranza la coltiva ancora?
«Più che speranza nutro fiducia, ma non mi aspetto una soluzione giudiziaria, seppure io abbia ancora presenti le magnanime parole che mi scrisse un prefetto: “la credibilità dello Stato e delle istituzioni si ha nell’assicurare i rei alla giustizia e nel far sì che nessuna mamma debba più piangere il proprio figlio”. Fu un esercizio di pietosa retorica di circostanza ma intanto una verità, acclarata a carissimo prezzo, per me in buona parte e sostanza è già una forma di giustizia. Per me oggi la speranza è uno spiraglio che si è assottigliato assai. Ma, più o meno come canta Leonard Cohen, c’è una crepa in ogni cosa e da lì continuo a vedere entrare un poco di luce».
A chi vorrebbe rivolgersi?
«Prima di tutto voglio ringraziare tutti i media, che in questi 19 anni con passione e sensibilità hanno raccontato la vicenda, facendola conoscere a tanti che ancora restano increduli e indignati davanti al racconto dell’immoralità e della crudeltà mentale che hanno accompagnato Massimiliano oltre la sepoltura. E ho sempre sincera gratitudine per la Gazzetta del Sud che ha raccontato tante volte la storia di Massimiliano rendendola Storia di Calabria».
E agli “altri” cosa vuol dire?
«Avrei un lungo elenco di destinatari dei miei giudizi di valore: voi, che avete inaccettabilmente sottovalutato un delitto tanto efferato e che quasi l’avete giustificato – assai prima di recenti opinabili sentenze che sono in cronaca nazionale – considerandolo culturalmente orientato nel vostro malinteso senso dell’onore e della famiglia, vergognatevi; voi che in nome della vostra religiosità ipocrita avete disatteso il benessere esistenziale di un orfano bianco, pentitevene, ché siete in tempo; voi, che mi avete aggredita e minacciata, e poi blandita facendo finta di non conoscere la scaturigine dell’omicidio; voi che più di una volta fingendovi misericordiosi mi avete detto “vorrei tanto aiutarvi ma non mi lasciano”, come se fossi una sciocca speranzosa del vostro contributo di menzogne, che poi non avrei saputo a chi raccontare; voi, che durante i giorni del cordoglio siete venuti a casa mia, nel luogo della vita di mio figlio e dell’agguato che gli fu teso con la collaborazione dei soliti notissimi ignoti dicendo, con i vostri stilemi mafiosi, “sono a disposizione“; voi, che avete visto passare mio figlio nella sua prima bara sulle spalle del fratello e degli amici buoni, e che avete solo mormorato, pusillanimi irreversibili; voi, che in carcere inzuppate la pagnotta nel mio dolore mentre magari ridete di “una donna che interessava a qualcuno”…».
Sono in tanti a conoscere la verità, lei l’ha sempre detto.
«Sì, e se davvero vogliono riscattare la loro esistenza e il futuro dei loro figli, ci portino una verità che è già nella ricostruzione investigativa, piuttosto che ridicole letterine anonime da Roma o la mera restituzione a una capricciosa di monili sottratti in una rapina che si direbbe simulata. Non li perdono ma non li maledico, anzi li imploro perché ancora ne riconosco l’umanità: ne siano degni e ci diano la verità, a noi vecchi genitori e al giovane uomo figlio di Massimiliano Carbone, un ragazzo di Locri ucciso perché colpevole di Vita. Vorrei rivolgermi direttamente a loro e dire: siate uomini, perché verrà il Giudizio di Dio, e vivi o morti continuerete a sprofondare nello scorno».