Modello Riace, lettera di Lucano ai giudici d'appello: "Posso aver commesso errori ma per aiutare i deboli"
«Come tutti gli esseri umani posso aver commesso degli errori ma ho sempre agito con l'obiettivo e la volontà di aiutare i più deboli e di contribuire all’accoglienza e all’integrazione di bambini, donne e uomini che fuggivano dalla fame, dalla guerra, dalle torture». Lo ha scritto l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano in una lettera fatta consegnare dai suoi legali ai giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria che lo stanno giudicando. «Egregi Giudici - scrive Lucano - sono passati cinque anni da quando sono stato arrestato con l’accusa infamante di svolgere la mia attività di accoglienza e integrazione dei migranti per finalità di carriera politica e di lucro. Sono passati due anni da quando mi è stata inflitta la condanna in primo grado a una smisurata pena detentiva quale non tocca spesso ai peggiori criminali. È passato un anno da quando la Procura generale ha nuovamente richiesto la mia pesante condanna che descrive il sottoscritto come responsabile di gravi reati e addirittura di essere stato il capo di un’associazione a delinquere. Ebbene, nel confermare piena fiducia agli avvocati difensori che si occupano della mia sorte, condividendone le argomentazioni difensive, una sola cosa sento il bisogno di dichiarare a voi, rispettosamente, prima che vi riuniate in camera di consiglio». «Ho vissuto anni di grande amarezza e di sfiducia nella giustizia, - si legge nella lettera dell’ex sindaco - non solo e non tanto per la limitazione della libertà personale, quanto per l'ingiusta campagna di denigrazione che si è abbattuta sull'esperienza di ripopolamento del borgo vecchio di Riace aperto all’accoglienza dei migranti. Non appena è stato possibile, durante questi anni di iter processuale, ho continuato a dedicarmi a tempo pieno, da privato cittadino, alla riapertura e alla gestione del Villaggio globale di Riace che ha ospitato e continua ad ospitare bambini e persone con fragilità. Non si è interrotta, dunque, quella che considero la missione della mia vita, a prescindere da incarichi pubblici e finanziamenti statali. Altro che associazione a delinquere. Al termine di questo processo vi invito a visitare il Villaggio Globale di Riace, sarete i benvenuti».
La difesa: contro Lucano accanimento non terapeutico
«Nei confronti di Mimmo Lucano c'è stato un accanimento non terapeutico». Lo ha detto l'avvocato Giuliano Pisapia, uno dei due difensori dell’ex sindaco di Riace, nell’arringa in Corte d’Appello di Reggio Calabria dove si sta celebrando il processo «Xenia» sulla gestione dei progetti di accoglienza dei migranti nel piccolo paese della Locride. Lucano è stato condannato in primo grado dal Tribunale di Locri a 13 anni e 2 mesi. Nei suoi confronti, lo scorso ottobre, la Procura generale ha chiesto la conferma della condanna ma riducendo la pena a 10 anni e 5 mesi. Contro quella sentenza si sono espressi stamattina gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia. Per quest’ultimo, ex sindaco di Milano, «ci sono tutti i presupposti per l’assoluzione di Mimmo Lucano che in tutta la sua vita ha sempre fatto quello che serviva agli altri e non quello che serviva a sé stesso». Pisapia ha ricordato che l’ex sindaco di Riace ha sempre rifiutato la candidatura sia alle elezioni nazionali sia al Parlamento Europeo: «Come si fa a dire che ha fatto quello che ha fatto per motivi politici? Questo elemento dovrebbe già chiudere il processo: manca il dolo e manca la consapevolezza e la volontà di un vantaggio economico. Risulta dalla lettura di tutti gli atti processuali che Lucano non aveva un soldo sul proprio conto corrente. Io non parlo di un santo. Mi interessa chi oggi è imputato e al momento ha una sentenza con una condanna esorbitante». Rivolgendosi ai giudici, l’ex sindaco di Milano ha ricordato che «Falcone, tra le tante cose, diceva di seguire i soldi. Vi prego seguite i soldi di Lucano e non li troverete. La vostra sentenza sarà importante perché specialmente in questo periodo in cui la situazione dei migranti è particolarmente difficile e complicata, avere tante Riace aiuterebbe a risolvere tanti problemi e a evitare situazioni che un Paese come il nostro non dovrebbe vedere da lontano ma essere capace di affrontare. Quando la politica entra nelle aule di giustizia - conclude Pisapia - la giustizia scappa inorridita dalla finestra. Per me è qualcosa di insuperabile: un conto è la giustizia e un conto è la politica. Devono avere ognuno i propri ruoli e non devono entrare nei ruoli altrui». L’altro legale dell’ex sindaco, l’avvocato Andrea Daqua, è entrato nel merito delle accuse, denunciando un «uso distorto delle intercettazioni» da parte del Tribunale di Locri che ha condannato Lucano e ricostruendo le varie ispezioni disposte dalla prefettura. Secondo il difensore, il processo è nato da «un’indagine unidirezionale perché ha silenziato qualsiasi elemento che risultava in contrasto con l’impianto accusatorio per come era stato preconfezionato da quelle ispezioni. Abbiamo il legittimo sospetto che il processo contro Mimmo Lucano sia stato viziato sin dall’inizio. Il Tribunale di Locri si lascia andare in un linguaggio denigratorio nei confronti di Lucano, commette il gravissimo errore di perdere la sua terzietà, si appiattisce in maniera quasi servile a questo preconfezionato costrutto accusatorio, finisce per smentire sé stesso, ignora la corposa documentazione che noi abbiamo prodotto e le minuziose consulenze di parte. È una sentenza ingiusta ed errata per tutti i capi di imputazione. Voi avete la possibilità di correggere un macroscopico errore». Il processo è stato rinviato all’11 ottobre. In quella occasione i giudici, dopo le repliche, dovrebbero entrare in camera di consiglio per la sentenza.