La legge delle 'ndrine su Scilla. Per la Procura antimafia, che ieri all'Aula bunker ha avviato la requisitoria a carico delle 17 persone sul banco degli imputati nel processo con rito abbreviato “Nuova linea”, gli emergenti della cosca “Nasone-Gaietti” esercitavano una pressione criminale ad ampio raggio nella cittadina simbolo della costa Viola e perla del Tirreno reggino: dalle estorsioni agli imprenditori che si aggiudicavano appalti pubblici e lavori di edilizia privata al racket del pesce spada non lasciando spazio ai ristoratori ai quali veniva imposta la fornitura dei giganti del mare catturati proprio nelle acque tra Scilla, Bagnara, Villa San Giovanni e Palmi, del pescato di stagione e di altri prodotti alimentari a favore di una ditta espressione della ’ndrangheta. Scilla senza pace con esponenti dei clan, secondo l'impostazione accusatoria emersa proprio dall'inchiesta “Nuova linea”, si erano infiltrati nella vita politica del Comune per gestire, soprattutto, le concessioni demaniali previste nel piano spiaggia. Ipotesi d'accusa e scenari criminali ribaditi nella prima parte della discussione avviata dai Pubblici ministeri Nicola De Caria e Walter Ignazitto. Gli imputati rispondono a vario titolo di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsioni in concorso, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, turbata libertà degli incanti, detenzione e porto di armi da fuoco, tentato omicidio, trasferimento fraudolento di valori, tutte fattispecie aggravate dall’agevolazione mafiosa. Tra le parti offese anche imprenditori, commercianti, ristoratori, vittime dei soprusi degli esponenti dei clan, accanto al Ministero degli Interni, il Comune di Scilla e la Regione Calabria. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio