'Ndrangheta a Scilla, le ricostruzioni di Carmelo Cimarosa: "Non affiliato, ma a disposizione del clan"
Pressione mafiosa sul territorio, imprenditori e operatori commerciali stremati dal racket delle estorsioni, affari di droga monopolizzando la piazza dello spaccio della Costa Viola. Ruota principalmente attorno a questi temi l'impianto accusatorio sostenuto dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria nel processo “Nuova linea”: sul banco degli imputati complessivamente 37 persone, la cui stragrande maggioranza è ritenuta dai cdarabinieri che hanno condotto sul campo le indagine riconducibile alle gerarchie moderne delle ’ndrine di Scilla, gli emergenti della cosca “Nasone-Gaietti”. Quadro d'accusa, ricostruito in Aula dai Pubblici ministeri Walter Ignazitto, Nicola De Caria e Paola D'Ambrosio, e destinato a rafforzarsi con le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Carmelo Cimarosa. Gli ultimi verbali sono stati recentemente acquisiti nel processo “Epicentro” soprattutto sotto il profilo delle alleanze e della complicità tra clan scillesi e i boss di Reggio città. Originario di Scilla, 37 anni, Carmelo Cimarosa non fa mistero della sua intraneità alla ’ndrangheta, seppure con ruoli, per sua stessa ammissione, non apicali e senza aver mai beneficiato di un’investitura formali dai capiclan locali: «Non sono mai stato battezzato quale affiliato alla 'ndrangheta. Ero comunque a disposizione della cosca per azioni specifiche in cui venivo coinvolto». Ed ancora, confermando di conoscere bene personaggi e dinamiche tra Scilla e l’hinterland: «Ho iniziato a frequentare gli ambienti della criminalità organizzata scillese quando è morta mia nonna. E voglio rendere dichiarazioni su fatti concernenti la delinquenza in questa zona». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio