Dal porto di Gioia alla “vertenza Calabria”, passando per le infrastrutture e l’autonomia differenziata: parla a tutto campo il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri.
Partiamo dall’ultima “emergenza”: il porto di Gioia Tauro. Quasi 4mila addetti tra diretto ed indotto, quasi il 50% del Pil privato calabrese, la più grande piattaforma logistica del’'Italia e dell’Europa meridionale, uno dei più grandi hub portuali del Mediterraneo: questo ed altro è Gioia Tauro, secondo il “manifesto” che anche la Uil ha firmato nei giorni scorsi. Cosa significherebbe, per la Calabria e per l’intero Paese, un collasso del porto?
«Gioia Tauro nel 1995, quando ha aperto i cancelli, rappresentava una speranza di sviluppo per la Calabria; negli anni il porto ha collezionato una serie di risultati che l’hanno visto in costante crescita ma non è stato sempre così. Per lo scalo portuale gioiese, infatti, ci sono state anche tante giornate di difficoltà ma, nonostante questo, l’hub calabrese è cresciuto nella sua proiezione di crescita aprendosi all’Europa ed al mondo, conquistando un ruolo di primo piano nel settore del transhipment. Quella di Gioia Tauro è stata una crescita sofferta ma costante, tanto che oggi il porto rappresenta una prospettiva certa di crescita per il Mezzogiorno ed il Paese intero. Gli sconvolgimenti geopolitici degli ultimi anni, poi, hanno evidenziato in maniera ancora più marcata la centralità del Mediterraneo negli scambi commerciali e, allo stesso tempo, evidenziato il ruolo di primo piano che la struttura portuale calabrese sta giocando in questa partita. Per questo, attorno a Gioia Tauro occorrerebbe costruire quella piattaforma logistica utile, all’Italia ma anche all’Europa, per rafforzare le proprie proiezioni di crescita in uno scacchiere economico e produttivo che sta registrando la crescita esponenziale dei Paesi del Nord Africa ed evidenziando la capacità di questi territori di produrre nuova ricchezza. Su Gioia Tauro bisogna che vi sia una grande attenzione, quella che, in questi anni, purtroppo è mancata. Siamo consapevoli, infatti, che lo sviluppo di Gioia Tauro sia andato avanti senza il concreto e convinto sostegno della politica. Per questo crediamo che la questione Ets oggi sia un’occasione per riflettere sull’importanza di Gioia Tauro nel futuro del Paese. Questo nella convinzione che non si possa prescindere da Gioia Tauro».
Non pensa che l’allarme sugli effetti della normativa europea sia scattato troppo tardi? La politica certamente è stata distratta. E il sindacato?
«Noi siamo presenti con le nostre strutture in Calabra e su Gioia Tauro da sempre; i vertici della nostra organizzazione, i nostri delegati sul territorio, hanno sempre seguito la vertenza Gioia Tauro con la massima attenzione. Siamo presenti al porto, non ci siamo mai sottratti alle nostre responsabilità, abbiamo firmato accordi aziendali finalizzati allo sviluppo produttivo della struttura portuale e abbiamo anche affrontato, stando sempre dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori, grossi momenti di crisi senza perdere mai la testa, mantenendo dritta la nostra rotta per il bene di una struttura che rappresenta un vero e proprio, uno dei pochi, motore occupazionale ed economico. Riteniamo che l’Europa debba stare più attenta a questi processi di evoluzione della transizione ecologica per evitare di mettere sotto scacco lo sviluppo del nostro Paese, ma non solo. Siamo arrivati prima degli altri come Calabria sulla questione perché non riguarda solo Gioia Tauro, ma tutti i porti europei. Adesso non conta chi è arrivato prima o dopo, ma serve modificare il tiro anche perché questa direttiva non colpisce solo Gioia Tauro ma tutto il sistema portuale europeo. Serve che ci sia in Europa una convergenza, a partire dalla riunione, nella quale l’Italia deve farsi sentire con convinzione, dei ministri europei dell’ambiente per cercare di bloccare la direttiva e modificarla. L’Ets, così com’è, oggi rappresenta un colpo al cuore della portualità europea e della sua crescita economica e sociale. In quest’azione un ruolo determinante lo deve giocare il governo italiano. Le dirò di più: questa direttiva porta con sé una contraddizione assai rischiosa per l’ambiente, proprio quell’ambiente che l’Europa vorrebbe difendere dalle emissioni. Se dal primo gennaio 2024, infatti, questa norma entrasse in vigore si registrerebbe l’immediato abbandono delle autostrade del mare e la movimentazione delle merci ritornerebbe su gomma e, quindi, con evidenti ricadute sull’ambiente in termini di emissioni».
Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, è in prima linea in questa battaglia, mentre Gioia si prepara alla mobilitazione del 17 ottobre. Forse, però, l’emergenza Gioia è sentita come troppo “lontana”. Pensa che ci sia piena consapevolezza sulle conseguenze di un collasso del porto?
«È importante che le istituzioni calabresi facciano quadrato, perché in questa partita è importante che la Calabria stia insieme e noi sosteniamo questa volontà. Speriamo che quello del 17 ottobre sia un punto di partenza e che, finalmente, su Gioia Tauro la Calabria sia in grado far quadrato, affinché le istituzioni nazionali e regionali possano affrontare questo momento di difficoltà del porto, uscirne vincenti e sostenere lo sviluppo dello stesso sbloccando quei progetti che, sino ad oggi, non hanno trovato risposte. Non dobbiamo dimenticare, poi, che questa direttiva potrebbe azzoppare il progetto della Zona economica speciale che è incentrato sul potenziamento delle aree retroportuali di Gioia Tauro, proprio quelle aree che hanno rappresentato un limite pesantissimo alla crescita produttiva dello scalo, rappresentando una grande tara nella crescita degli investimenti pubblici e privati sull’hub gioiese».
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