Il rischio delocalizzazione è reale, se non certo, e sarebbe comunque irreversibile. Si tirano le somme della “tre giorni” di Barcellona, che ha messo a confronto dirigenti portuali, operatori marittimi ed esperti di settore sull’impatto dell’Ets rispetto ai traffici di transhipment specialmente. Particolarmente preoccupati i porti nella sponda Sud del Mediterraneo, a partire da Gioia Tauro, anche se si comincia ad avvertire che alcuni dei principali porti nordeuropei sarebbero soggetti a rischi simili. Ecco perché, come è stato ribadito da tutti gli intervenuti al World Trade Center, «la comunità portuale europea deve comunicare ad una voce sola l’esigenza di modificare le norme della direttiva Ets». Dall’Italia alla Spagna, passando per Grecia, Portogallo e Malta, resta un incubo l’entrata in vigore dall’1 gennaio 2024 del nuovo sistema introdotto dalla Comunità Europea per la tassazione delle emissioni inquinanti delle navi. Il pericolo riconosciuto si chiama “delocalizzazione”. E l’orizzonte avvistato certamente in ritardo, almeno in Italia, sono i porti del Nord Africa. Obiettivo della riunione a Barcellona – presenti fra gli altri i vertici dei porti spagnoli, il presidente di Espo (European Sea Port Organization) Zeno D’Agostino e il segretario generale di Assarmatori Alberto Rossi – era individuare una linea comune sul tema, anche alla luce degli ultimi sviluppi del confronto in corso con la Comunità Europea, che sta lavorando a un atto di esecuzione finalizzato quantomeno a limitare distorsioni del mercato a sfavore dei porti dell’Ue. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria