Reggio

Venerdì 17 Maggio 2024

'Ndrangheta a Rosarno, un sistema di estorsioni e minacce: in carcere Domenico e Rosario Arena, padre e figlio affiliati alla cosca Pesce

I Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro - con il supporto operativo di personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria e di unità cinofile - hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di Domenico Arena - 69 anni, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa - e suo figlio Rosario, di 44 -, ritenuti inseriti nel contesto di ‘ndrangheta del centro medmeo, ed in particolare vicini alla criminalità rosarnese della cosca Pesce. Nell’inchiesta sono indagati altri due soggetti dello stesso nucleo familiare: la figlia e sorella degli arrestati, Angela Arena (46) e il marito di lei Giuseppe Valenzise (53). Secondo gli inquirenti, tutti avrebbero imposto il proprio volere tramite una generale condizione di assoggettamento ambientale. Le indagini da cui scaturiscono gli odierni provvedimenti restrittivi - emessi dal Gip di Reggio Calabria Tommasina Cotroneo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia diretta da Giovanni Bombardieri - hanno consentito di attribuire agli indagati gravi condotte estorsive - perpetratesi per lungo tempo - e violenze private, tutte aggravate dalle finalità mafiose, avvenute a Rosarno e Cinquefrondi.

Imposizioni a privati e imprenditori. Il ruolo dei collaboratori di giustizia

Le attività svolte dai Carabinieri di Gioia Tauro, corroborate da dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, hanno permesso di evidenziare l’elevatissima capacità criminale degli arrestati, espressa in molteplici occasioni con metodologie tipiche degli aggregati mafiosi, imponendo il proprio volere su individui ed attività commerciali piegati alle loro esigenze ed oppressi dalla loro ingerenza.

Gerarchie e operatività

Tale modus operandi, affiancato al ripetuto ricorso ad intimidazioni - di natura fisica e verbale - si sostanziava in una perdurante sopraffazione ed interferenza in un’attività economica sita nella Piana di Gioia Tauro, nonché nella limitazione della libertà di autodeterminarsi di più individui. Le molteplici e difformi fonti di prova raccolte hanno quindi contribuito a restituire un’immagine complessa dell’aggregato criminale, disvelandone gerarchie ed operatività, delimitandone la sfera di influenza illecita e gli equilibri esterni nel confronto con paritetiche o “superiori” organizzazioni di tipo ‘ndranghetistico.

L’indagine ha dunque permesso di accertare:

Al termine delle formalità di rito, i due sono stati tradotti in carcere, come disposto dall’Autorità Giudiziaria.

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