Con il suo comportamento, avrebbe causato un danno all’immagine della Polizia di Stato: ecco perché un ispettore, che all’epoca dei fatti era in servizio al Commissariato di Palmi, è stato condannato dalla sezione giurisdizionale per a Calabria della Corte dei Conti a un risarcimento di 20mila euro. La vicenda sfociata nella sentenza depositata nei giorni scorsi risale al 2013, quando l’agente - insieme al figlio ed altri tre giovani - si è presentato fuori dall’orario di servizio nella sede di un’azienda incaricata della raccolta dei rifiuti solidi urbani. Qui, secondo la Corte dei Conti «abusando della sua qualifica di pubblico ufficiale», avrebbe preteso libero accesso e reagito al diniego del dipendente, «minacciandolo dopo essersi qualificato come Ispettore della Polizia di Stato e richiestogli il documento di identità». L’atteggiamento definito «minaccioso» si sarebbe poi reiterato con altri dipendenti e con l’amministratore unico della società giunto sul posto. Si sarebbe poi chiarito che «il reale motivo» delle asserite minacce sarebbe stata «la volontà di imporre indebitamente l’assunzione del figlio ed il rinnovo del contratto ad altro giovane già alle dipendenze della società». Lo stesso commissariato di Polizia ha presentato denuncia. Ne è seguita la condanna definitiva dell’agente, in sede penale, per concussione. Da qui l’azione della magistratura contabile, secondo cui «sono presenti tutti gli elementi costitutivi del danno all’immagine della pubblica amministrazione» mentre «non hanno fondamento le tesi difensive, peraltro non minimamente argomentate, sull’assenza di percezione di qualsiasi emolumento sotto qualsiasi forma».