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Gioiosa, i tentacoli della ‘ndrangheta ramificati fino in Piemonte

Indagini chiuse sulla gestione del bar del Palazzo di Giustizia di Torino

Si è conclusa con un numero elevato di persone iscritte nel registro degli indagati l’inchiesta avviata dai carabinieri e dalla Dia di Torino, col coordinamento dei magistrati della locale Dda, sugli interessi della ‘ndrangheta nella gestione del bar del Palazzo di Giustizia, assegnato dal Comune di Torino alla cooperativa LiberaMensa fondata nel 2016 e messa in liquidazione nel 2020, che dava lavoro a detenuti ed ex detenuti. La stessa coop ha gestito anche il bar del carcere delle Vallette fino alla sua capitolazione avvenuta nel periodo post-covid. A luglio scorso, già quattro persone, tre delle quali d’origine reggina, erano state arrestate dai carabinieri nell’ambito della stessa inchiesta. In totale ora sono quindi 17 le persone iscritte nel registro degli indagati.
Nei giorni scorsi i pubblici ministeri torinesi, Paolo Toso e Francesco Pelosi, hanno notificato l’avviso di conclusione indagini, tra gli altri, a Rocco Pronestì, 72 anni, originario di Gioiosa Jonica, Crescenzo D’Alterio (considerato uomo di Pronestì), di 48 anni, Rocco Cambrea, di 62 anni e Silvana Perrone. Il primo, secondo i magistrati antimafia di Torino e gli investigatori delle forze dell’ordine, è uno storico appartenente alla criminalità organizzata del Piemonte, da anni legato ai maggiori esponenti della 'ndrangheta locale. Sempre sfuggito alla condanna per associazione mafiosa, Pronestì ha precedenti per reati in materia di armi e traffico di stupefacenti. In concorso con Cambrea (considerato "contiguo alla ‘ndrangheta") è accusato di usura ed estorsione, ma anche di aver organizzato una bisca clandestina nel bar di via Postumia ove si occupava di gioco d’azzardo a metà degli anni ’90, prima di essere condannato nel procedimento “Cartagine”.

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