Non si è sottratto alle domande degli inquirenti, del Gip Francesca Mesto e del Pubblico ministero Nicola De Caria, Emilio Minniti, 50 anni, reggino, arrestato con l'accusa di essere stato uno dei due autori del tentato omicidio ai danni di Gioele Carmelo Mangiola, il 38enne reggino ferito «al capo e al volto» nella mattinata dello scorso 13 ottobre nel popoloso quartiere della periferia sud della città, Ravagnese. Difeso dagli avvocati Giulia Dieni e Antonio Germanò, Emilio Minniti ha provato a chiarire tutti i temi d'accusa che gravano su di lui: dalla partecipazione alla sparatoria alle ragioni per cui sia stato irreperibile per due mesi. Svanito nel nulla insieme al secondo indagato (ancora oggi ricercato), un 44enne di Reggio: entrambi accusati «in concorso tra loro e con altri soggetti allo stato non identificati» del tentato omicidio. Complessivamente sono tre gli indagati per il ferimento Mangiola: risponde a piede libero, un 44enne del quartiere Ravagnese. Oltre ad aver escluso in maniera categorica di essere stato l'autore del ferimento, Emilio Minniti a Gip e Pm ha dichiarato di «aver temuto» per la propria vita. Dal suo racconto sarebbe emerso che, mentre si trovava a bordo della propria autovettura in compagnia di colui che è il secondo indagato destinatario di fermo prima e ordinanza di custodia cautelare adesso, avrebbe prima incrociato Carmelo Gioele Mangiola in zona “piazza Fontana”, sempre a Ravagnese, e dopo una discussione verbale intrisa anche da frasi potenzialmente minacciose si sarebbero qualche minuto dopo intercettati in zona “Circoscrizione” dove poi è sarebbe avvenuto il ferimento. Sulla scena del crimine, secondo la sua versione, una terza autovettura con a bordo una persona non riconosciuta, da cui sarebbero partiti i colpi all'indirizzo di Mangiola. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio