«Il porto di Gioia Tauro era sotto il comando di Bruzzaniti. Io ero in rapporti con i Mammoliti che acquistavano la cocaina a Napoli o a Roma». Ha fatto nomi e cognomi, anche in Tribunale a Napoli, parlando dei suoi rapporti con la ’ndrangheta, il narcotrafficante Bruno Carbone, oggi pentito ed ex socio del broker internazionale Raffaele Imperiale, il “boss dei van Gogh” (così è stato soprannominato per avere acquistato, custodito e fatto ritrovare due preziose tele del pittore fiammingo), anch’egli diventato collaboratore di giustizia. Carbone nei giorni scorsi , davanti ai giudici della settima sezione penale di Napoli e al sostituto procuratore De Marco, ha risposto alle domande degli avvocati del collegio difensivo, in videocollegamento (sempre ripreso di spalle) dalla località segreta dove è detenuto, nel corso di un’udienza del processo che vede sul banco degli imputati proprio Imperiale - che di recente ha messo a disposizione delle autorità italiane un’isola a Dubai di sua proprietà - e i suoi complici. Il Bruzzaniti a cui fa riferimento è Bartolo Bruzzaniti, originario di Locri, arrestato in Libano, ritenuto dagli inquirenti – come riporta l’agenzia Ansa – un soggetto di elevato spessore criminale e considerato tra i più importanti narcotrafficanti a livello internazionale. Dei Mammoliti nche Imperiale ha parlato in altre occasioni: «Nel complesso – si legge in un verbale dei mesi scorsi – il gruppo Mammoliti ha comprato centinaia se non migliaia di chili di cocaina, erano acquirenti abituali. Ogni operazione era da 80/100 chili». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio