La svolta verde va benissimo, ma «l’agricoltura non fa salti, ha bisogno di tempo per poter intraprendere un percorso così come immaginato dall’Unione europea». Bruno Bernardi, professore associato alla facoltà di Agraria dell’università Mediterranea di Reggio Calabria, guarda al futuro con un piglio molto pragmatico. Sulla necessità di introdurre misure in agricoltura che portino all’eliminazione di pesticidi e macchine inquinanti non ha alcuni dubbio, ma per «giungere a quell’obiettivo, condiviso da tutti, serve tempo. Per questo motivo credo che abbia fatto bene l’Ue a prorogare di dieci anni l’uso dei fitofarmaci. L’agricoltura è un sistema complesso e multifunzionali che ha bisogno di tempo per adattarsi. Non esiste una soluzione unica per realtà così diverse». L’intervento del professore Bernardi si innesta all’interno di quella protesta che ha portato migliaia di agricoltori a scendere in piazza in molti paesi europei con i loro trattori contro le politiche di Bruxelles e lo scarso appoggio da parte dei governi nazionali. La protesta riguarda anche la Calabria. Diversi, infatti, sono ancora i presidi lungo le strade della nostra regione.
«La prospettiva di riduzione del 50% dei pesticidi in agricoltura entro il 2030 - dichiara Bernardi - credo sia un limite troppo stringente. È un obiettivo ambizioso che, però, si scontra con le necessità dell’agricoltura. L’agricoltura non fa salti, ha bisogno di tempi più lunghi per uniformarsi a determinati parametri. Siamo tutti d’accordo che il “green deal” sia l’obiettivo perseguito da tutti, ma bisogna farlo in maniera intelligente».
E farlo in maniera intelligente, per il professore Bernardi, vuol dire che «l’anima verde e quella agricola devono convivere e non scontrarsi, intraprendendo un percorso comune verso un processo graduale. Partiamo dal presupposto che uno dei primi grandi regolamenti tra visione “verde” e il mondo dell’agricoltura risale al 2009 e prevedeva la riduzione dei pesticidi e l’impatto di questi sull’uomo. Tutti, quindi, riconosciamo pericolosità dei pesticidi, ma l’agricoltura moderna non può farlo dall’oggi al domani. Anzi, in questo momento non può farne a meno». Un altro aspetto importante riguarda l’impiego delle macchine agricole che, come spiega Bernardo, «nonostante l’evoluzione della tecnica ancora non si è riusciti a produrre mezzi per esempio con batterie elettrice né con tecnologia che permetta di ridurre lo spargimento incontrollato di fitofarmaci nell’ambiente. Quindi, è ancora un parco macchine obsoleto. Per dare un’idea, oggi in Italia impieghiamo 600mila macchine agricole: 200mila per colture erbacee, 350 arboree e 50 mila per altri impieghi per operatori».
Oltre al dialogo, importante per giungere a un punto di contatto, per Bernardo riveste un ruolo centrale la ricerca: «In Italia è molto avanzata, sia nel settore delle macchine che in quello dei prodotto fitosanitari con principio attivo a base naturale. In questo caso, la ricerca sta dando buoni risultati, ma va implementata. Alla Mediterranea a Reggio abbiamo un dipartimento sia di agraria che scienze forestali e ambientali (quindi con un approccio green). Anche in Calabria si fa ricerca avanzata, molto spinta, sia su prodotti fitosanitari, che genetica e parco macchine. In Calabria, inoltre, produciamo diversi prodotti di eccellenza con marchio Dop e Igp. La politica, per esempio, potrebbe incentivare gli agricoltori calabresi verso il biologico, in linea con quanto prospettato dall’Ue».
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