Reggio

Domenica 24 Novembre 2024

Il potere dei narcos sul porto di Gioia Tauro, “I pochi controlli facilitavano i corrotti”

«Compa è vero la squadra e quella ci sono, io non ve lo dico per farmi il bello, ma è vero se volete parliamo, ma non pensate che fanno miracoli, se arriva bloccato come “vip” normale lo passano allo scanner e c’è possibilità che ce lo sbloccano se invece arriva che so come “super rifer” che ha due XX di dove l’hanno controllato prima non c’è speranza». La notizia di una “squadra doganale” all’interno del porto di Gioia Tauro al soldo dei narcotrafficanti, circolava da tempo negli ambienti criminali. In una delle tante intercettazione captate dagli inquirenti durante la fase di indagine, emerge come alcuni funzionari dell’Ufficio delle dogane sarebbero stati pagati per chiudere un occhio, e alle volte anche due. Secondo i magistrati della Dda di Reggio Calabria avrebbero avuto 150mila buone ragioni per farlo, cioè il compenso in euro che almeno uno di loro avrebbe ricevuto in cambio del suo aiuto per fare passare container carichi di enormi quantità di cocaina. Il sospetto che qualcuno stesse facendo il doppio gioco, all’interno della Dogana, esisteva anche tra i vertici dell’ufficio, già nei mesi precedenti all’arresto del funzionario Pasquale Sergio, avvenuto nella grande operazioni “Tre croci” nel 2022. Un sospetto che aveva portato i vertici dell’ufficio a spostare due di loro, finiti martedì in galera, «per proteggerli e tenerli sotto controllo». E proprio da quell’inchiesta sono ripartiti i magistrati della Dda reggina e i finanzieri del comando provinciale, per identificare i presunti funzionari corrotti. In carcere sono finiti i doganieri Mario Giuseppe Solano e Antonio Pititto; ai domiciliari Elisa Calfapietra, collaboratrice di una società di shipping che opera nel porto di Gioia Tauro. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria

leggi l'articolo completo