Mentre la gru sta sollevando l’ennesimo container dal campo migranti di Testa dell’Acqua a Rosarno, il prefetto di Reggio Calabria, Clara Vaccaro, e il sindaco di Rosarno, Pasquale Cutri, osservano in silenzio il movimento di quel carico, che viene trasferito su un autocarro per la rimozione definitiva. Dopo tredici anni ieri, ha avuto inizio il primo sgombero non definitivo del campo container di Rosarno, allestito dopo la celebre rivolta degli africani.
«Oggi è l’inizio di un progetto che porterà a chiudere definitivamente i ghetti in cui vivono i migranti. È un progetto che porterà all’integrazione. Oggi sono i container riscaldati, domani possono essere case, ma bisogna superare l’idea dei ghetti, i migranti non possono più vivere in certe condizioni». Lo ha scandito a chiare lettere il prefetto Vaccaro, arrivata a Rosarno per assistere al trasferimento di ventiquattro migranti dal campo container al villaggio della solidarietà, nel quale lei stessa ha tagliato il nastro affiancata da un extracomunitario e dal sindaco Cutrì.
Il villaggio di contrada Carmine ha aperto le porte ai primi migranti che abitavano nei container di Testa dell’Acqua. Gradualmente verranno trasferiti gli altri, che sono rimasti al campo container, perché il villaggio può ospitare fino a novantadue persone. Il prefetto ha poi ribadito il lavoro encomiabile dell’amministrazione comunale di Rosarno, che «sta lavorando tanto, circondata da una realtà sociale non indifferente, sulla quale confidiamo, c’è bisogno del terzo settore, delle organizzazioni di volontariato, della chiesa, dello Stato. Il successivo passaggio – ha continuato il prefetto – è responsabilizzare i ragazzi che escono da una situazione di degrado: spetta a loro mantenere pulita la loro nuova casa, dobbiamo formarli perché questa è casa loro, devono avere un’idea di come mantenerla e contribuire alle spese se è necessario, per passare all’integrazione vera. Non è facile – ha ancora detto il prefetto – è un grosso lavoro che oggi, 8 marzo, abbiamo iniziato non solo a Rosarno. Altri comuni stanno intraprendendo la stessa strada, il territorio ha bisogno della manodopera di questi ragazzi».
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