«Ho appreso dagli organi di informazione che la presidente dell’Ong internazionale “Bon’t worry”, Bo Guerreschi, ha fatto un appello a più istituzioni, compreso me, affinché ci si occupi di un bambino di otto anni approdato su un barcone a Roccella Jonica, tolto alla madre e affidato a una famiglia afghana dimorante nella Locride. La madre sarebbe rinchiusa in carcere per essersi fermamente opposta, durante il viaggio dalla Turchia, a un tentativo di violenza sessuale da parte di alcuni immigrati iracheni ed è al contempo accusata di essere una scafista».
Così il Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria, Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori, il quale è intervenuto sull’intricata vicenda che ruota attorno all’arresto, alla fine di ottobre, della iraniana Marjan Jamali, giunta in compagnia del figlio di appena 8 anni al porto di Roccella, nella Locride, al termine di uno dei tanti “viaggi della speranza” lungo la cosiddetta “rotta turca”.
Prima dell’intervento di Marziale, era stata, con un accorato appello, la presidente dell’Ong internazionale, Bo Guerreschi, ad irrompere sulla vicenda che ormai da giorni – grazie anche alla battaglia portata avanti dal legale di fiducia della giovane iraniana, Giancarlo Liberati – tiene banco sulla stampa. «Sulla vicenda di Marjan Jamali, rinchiusa nel carcere siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto per essersi opposta, da quanto si apprende, a un tentativo di violenza sessuale, chiediamo che sia avviato subito uno specifico approfondimento da parte dei ministri della Giustizia e degli Esteri dello Stato italiano», ha dichiarato Guerreschi, presidente di “Bon't worry” che a titolo gratuito fornisce tutela legale e assistenza psicologica alle vittime di violenza. «Nessuno – ha aggiunto – è disposto a credere che una mamma come Marjan Jamali sia stata una scafista, atteso che insieme al figlio di otto anni viaggiava su un barcone poi approdato a Roccella Jonica. Le accuse rivolte alla donna appaiono del tutto infondate».
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