I legami con la Calabria non si possono recidere neanche quando si vive da una vita al Nord. E Salvatore Giacobbe da Gioia Tauro, quei legami, li aveva rinsaldati legandosi dal punto di vista criminale a chi, nella città del porto, da un secolo è sinonimo di ’ndrangheta: i Piromalli. E grazie a quel ponte con la Lombardia, Girolamo Piromalli, detto “Mommino” (non accusato di associazione mafiosa), sarebbe riuscito a entrare in possesso di cinque locali della “movida” a Milano. Operazioni che il rampollo della potente cosca di Gioia Tauro, secondo le accuse, avrebbe portato a termine attraverso un suo presunto luogotenente, Agostino Cappellaccio. Le accuse nei confronti dell’esponente di punta del clan gioiese emergono dall’ultima inchiesta coordinata dalla Dda meneghina e condotta dalla Guardia di Finanza. Nella mattinata di ieri, le fiamme gialle hanno arrestato 14 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, intestazione fittizia di attività commerciali, estorsione, truffa ai danni di agenzie di lavoro interinale e traffico di rifiuti. Tutti reati aggravati dalle modalità mafiose. In carcere sono finiti: Salvatore Giacobbe, Angelino Giacobbe, Vincenzo Giacobbe, Livio Pintus, Giovanni Caridi, Davide Lorenzo Leone, Alessandro Solano, Roberto Cagliani, Domenico Aquilino, Walter Cantoni, Giuseppe Longo, Marco Mecca, Girolamo Piromalli, Agostino Cappellaccio. Al centro dell’inchiesta della procura antimafia di Milano c’è Salvatore Giacobbe, gioiese trapiantato da anni in Lombardia e a capo della locale di Agrate-Pessano con Bornago, in provincia di Como. Grazie un’ampia rete di presunti affiliati, tra i quali spiccano i suoi due figli, Giacobbe avrebbe gestito per anni i suoi affari criminali, pianificando ed organizzando gli associati nelle diverse azioni criminali nel territorio milanese, non ultimo quello del business dello smaltimento rifiuti, utilizzando come discariche aree protette e capannoni industriali abbandonati. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria