Ance, Confindustria, Unione Artigiani-Confartigianato, Uppi e Federproprietà dell’area metropolitana di Reggio hanno depositato il ricorso al Tar della Calabria avverso la proposta di vincolo paesaggistico dell’ambito urbano consolidato denominato “Piano De Nava”, promosso dalla Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio (Sabap) lo scorso 27 febbraio. Il ricorso al Tar è stato presentato dalle associazioni poiché considerano la proposta di vincolo viziata da diversi aspetti di dubbia legittimità oltreché nel merito, con riferimento alla situazione di degrado diffuso dell’area oggetto della maggiore perimetrazione operata dalla Soprintendenza.
«L’analisi della Soprintendenza non poteva lasciarci inerti in quanto piccoli proprietari immobiliari, artigiani, operatori del settore edile e industriale; pur nella discrezionalità riconosciuta alla Soprintendenza – dichiara il presidente di Ance Reggio, arch. Michele Laganà –, la scelta di vincolare un ambito urbano vasto, più ampio del “centro storico”, ha destato dubbi sotto il profilo della ragionevolezza e della proporzionalità dell’azione amministrativa ai fini del giusto bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco. Ciò anche in considerazione dei “sacrifici” che vengono imposti agli immobili con la previsione di prescrizioni d’uso molto limitanti; la proposta, infatti, imponendo una misura di salvaguardia, graverà sulla già debole economia reggina, con gravi ricadute su imprese e professionisti oltre che sui risparmi dei proprietari immobiliari, che si vedranno danneggiati da un decremento del valore immobiliare, oggi vincolato. La perimetrazione dell’area soggetta a vincolo, inoltre – prosegue Laganà –, risulta più ampia della “zona A” del vecchio PRG e del nuovo PSC, approvato alla fine del 2023 (col parere favorevole della Soprintendenza) in quanto è comprensiva anche di ambiti urbani di formazione relativamente recenti (rione Santa Caterina e zona viale Galilei), fra cui anche la zona portuale, dove emergere la necessità di riqualificare e rigenerare il patrimonio edilizio».
La motivazione a supporto della proposta della Soprintendenza desta ulteriori perplessità, in quanto la Soprintendenza sembra volersi sostituire al Comune, unico titolare della pianificazione urbanistica e della gestione del territorio, sulla base di una indimostrata inadeguatezza della disciplina locale sull’urbanistica e l’edilizia. «Tale asserzione – dichiara l’arch. Laganà – non apparendo suffragata da elementi oggettivi inconfutabili, rappresenta una denuncia verso la P.A. deputata al controllo del territorio e al rispetto delle norme, esponendo anche la categoria dei costruttori e dei professionisti a un’inadeguatezza a progettare e a costruire. Gli elementi dello studio posto a base dell’azione della Soprintendenza non aggiungono nulla agli studi condotti dai progettisti del Piano Strutturale Comunale (PSC), che hanno portato alla pianificazione del territorio comunale e che la stessa Soprintendenza ha valutato, esprimendo parere favorevole, così come sono stati approvati dal Settore Pianificazione e Valorizzazione del Territorio della Città Metropolitana. Nella proposta di vincolo si rinvengono prescrizioni d’uso degli immobili che appaiono come prescrizioni urbanistiche che annullano di fatto quelle contenute nel Regolamento Edilizio e Urbanistico approvato nel PSC, conducendo peraltro a dubbi di “eccesso di potere” della Soprintendenza. Inoltre, si sarebbe dovuto tenere in maggiore considerazione l’interesse non solo dei privati titolari degli immobili all’interno della perimetrazione ma l’interesse allo sviluppo della città. Nella fattispecie, infatti, si sta vincolando un “ecosistema urbano”, che deve essere supportato nella trasformazione e nell’adeguamento ai più moderni standard tecnologici e ambientali anche per garantire innovazione, valorizzazione e adeguamento ai più moderni standard energetici, sismici e ambientali del patrimonio esistente secondo la normativa in materia di rigenerazione urbana».
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