La ’ndrangheta dietro gli affari delle scommesse sportive on line stroncati dalla Procura antimafia con l'operazione “Gambling”. Una tesi accusatoria sostenuta sin dalle indagini preliminari e che viene ribadita anche nello stralcio che si avvia alla sentenza di primo grado davanti al Tribunale collegiale. Una tesi, puntualmente contestata nelle arringhe difensive dai legali dei 17 imputati per cui è stata chiesta la condanna (con punte di 25 anni di reclusione per chi sarebbe stato al vertice della presunta organizzazione criminale), a cui i Pubblici ministeri, il procuratore aggiunto Stefano Musolino e il sostituto antimafia Sara Amerio, hanno dedicato un tratto della memoria depositata agli atti del dibattimento a corredo della requisitoria.
Passaggi in cui si evidenziano le strategie dei profili mafiosi di riferimento: «Quello che rileva, tuttavia, nel caso di specie, osserva la Corte, “è che il complesso delle emergenze procedimentali raccolte e vagliate nel corso della cognizione cautelare ha evidenziato la funzionalità della Società non solo a gestire le scommesse senza autorizzazioni amministrative e con modalità illegali, ma anche e soprattutto a fornire alla ’ndrangheta calabrese un sicuro ed affidabile strumento di riciclaggio delle sue risorse illecite. Tale ultimo profilo di illiceità della associazione, ovvero l'asservimento dell'organizzazione cui prendeva parte il (...) ancillare alla mafia calabrese, è dominante, essendo emerso chiaramente l'interesse della 'ndrangheta a governare l'attività della Società, funzionale alla attività di riciclaggio continuativo delle risorse illecite, attraverso un sistema di circolazione del denaro apparentemente lecito, particolarmente adatto al riciclaggio in quanto fondato sulla circolazione del contante”.
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