Reggio

Giovedì 21 Novembre 2024

Locri, Marjan Jamali in cella: il caso finisce in Parlamento. Per il ministro Nordio è tutto regolare

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio è intervenuto sulla sempre più scottante vicenda di Marjan Jamali, la 29enne mamma iraniana arrestata lo scorso ottobre come scafista dopo lo sbarco a Roccella e da allora detenuta in carcere. Lo ha fatto rispondendo all’interrogazione presentata il primo marzo scorso dal deputato Marco Grimaldi, di Alleanza Verdi Sinistra. «Dopo lo sbarco Marjan Jamali, mamma di un bambino di 8 anni che la donna ha portato con sé – ha riassunto i fatti il deputato nella sua interrogazione al ministro Nordio – è stata subito accusata da tre uomini di aver fatto parte dell’equipaggio e per questo arrestata alla fine di ottobre scorso e trasferita nel carcere di Reggio Calabria mentre i tre testimoni sentiti subito dopo lo sbarco sarebbero poi risultati irreperibili. La donna, quindi, è stata separata dal figlio, affidato a una famiglia afghana accolta nella Locride. L’avvocato di Jamali è, inoltre, in possesso della ricevuta di pagamento del viaggio dalla Turchia all’Italia per sé e per il figlio – 14 mila dollari reperiti dal padre di Jamali – e avrebbe altresì raccolto la testimonianza della donna, secondo cui sarebbe stata vittima di violenze e molestie sessuali e minacce nel corso della traversata, da parte dei suoi accusatori». «Senza contare poi che le traduzioni all’indagata sarebbero state fatte da un interprete che non parlava la sua lingua e che non avrebbe neanche compreso correttamente il suo nome e quello del figlio». Tutto ciò, conclude il deputato, «consente di ritenere che sia stato leso il diritto alla difesa della persona accusata e che, pertanto, le attuali condizioni di detenzione della donna potrebbero rendere ancora più complicata e pericolosa la situazione». Secondo, invece, quanto riferito dal ministro Nordio «dalle relazioni trasmesse dal presidente della Corte d’appello di Reggio e dal procuratore generale è emersa l’assoluta linearità dell’operato dell’autorità giudiziaria. Con riguardo, ai rilievi circa l’assenza di un interprete della lingua madre della donna in occasione del compimento dei primi atti processuali, secondo quanto riferito dalle autorità interpellate durante le operazioni di soccorso, le persone sottoposte a fermo, tra cui la donna, sono state assistite da due ausiliari nominati dalla Polizia giudiziaria, di cui uno di lingua curdo iraniana». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio

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