Fine della detenzione in carcere per la giovane iraniana Marjan Jamali, di 29 anni, madre di un bambino di 8 anni momentaneamente in custodia in una famiglia afgana di Camini? L’interrogativo è d’obbligo perché, verosimilmente entro i primi giorni della prossima settimana, si saprà se la donna, che si è sempre professata innocente, potrà lasciare, dopo ben sette mesi di reclusione in carcere di Reggio Calabria, per passare agli arresti domiciliari nella Locride, e riabbracciare il figlio. Marjan Jamali, il cui arresto è diventato un “caso nazionale”, come si ricorderà è stata arrestata a Roccella alla fine di ottobre scorso due giorni dopo il suo sbarco insieme ad altri cento migranti, perché accusara di essere stata una scafista. Accusa sempre respinta dalla donna e dal suo legale, l’avv. Giancarlo Liberati. Asuo carico, infatti, esistono solo le accuse di tre migranti, spariti dalla circolazione dopo l’identificazione. Un’accusa falsa e inventata, secondo la donna: i tre infatti l’avrebbero “punita” per non aver ceduto alle avance sessuali subite dal terzetto durante il viaggio. A decidere, quindi, in questi giorni il destino della donna, a carico della quale, dopo il rinvio a giudizio, il 17 giugno prossimo a Locri inizierà in Tribunale il processo dibattimentale, saranno i giudici del Tribunale del riesame di Reggio Calabria (presidente il dott. Genovese). È a loro, infatti, che il legale di fiducia della donna, l’avv. Giancarlo Liberati, ha presentato un “appello cautelare” chiedendo l’annullamento della decisione adottata il 19 aprile scorsa dai giudici del Tribunale di Locri: no alla concessione degli arresti domiciliari. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio