Reggio

Sabato 23 Novembre 2024

'Ndrangheta a Reggio, i Latella-Ficara gestivano il business del bergamotto, il traffico di armi e le estorsioni ad Arangea: 12 arresti I NOMI

A Reggio Calabria un’operazione contro la 'ndrangheta condotta dai carabinieri del Comando provinciale per l’esecuzione di 12 ordinanze di custodia cautelare, 11 in carcere e una domiciliari. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip distrettuale su richiesta della Dda, diretta da Giovanni Bombardieri, che ha coordinato l’attività investigativa. I reati contestati alle persone destinatarie delle ordinanze sono associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni e traffico di armi. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Walter Ignazitto, ha consentito di ricostruire dinamiche e assetti della cosca di ndrangheta Latella - Ficara che controlla le attività illecite nel quartiere «Arangea», nella periferia sud di Reggio Calabria. I carabinieri sono riusciti a ricostruire, in particolare, i metodi seguiti dal gruppo criminale per imporre le estorsioni a numerosi imprenditori di vari settori, nonché la gestione occulta di diverse imprese economiche. 

I nomi

In carcere Antonio Autolitano, nato a Reggio Calabria il 13-07-1953 Antonio Autolitano, nato a Reggio Calabria il 18-02-1988 Saverio Autolitano, nato a Reggio Calabria il 03-09-1961 Vincenzo Autolitano, nato a Reggio Calabria l'01-08-1982 Antonino, detto "Nino" Ficara, nato a Reggio Calabria il 10-07-1963 Carmelo, detto "Memè" Gullì, nato a Domodossola (VB) il 18-04-1980 Domenico Modafferi, nato a Reggio Calabria il 29-10-1990 Luigi, detto "Gino" Musolino, nato a Reggio Calabria il 06-02-1976 Antonino, detto "Nino" Palumbo, nato a Reggio Calabria il 05-07-1974 Demetrio, detto "Mico" Palumbo, nato a Reggio Calabria il 17-07-1949 Sebastiano, detto "Bastiano" Praticò, nato a Reggio Calabria il 14-02-1952 Ai domiciliari Pasquale Federico, nato a Reggio Calabria il 22-04-1951

Gli indagati

Alessandra Fortugno Serena Fortugno Nicola Sebastiano Fortugno Maria Palumbo Mario Luciano Giuseppe Scafaria Caterina Vetta

Il "banco nuovo": vuoti di potere e riorganizzazione

Sono anche state ricostruite le dinamiche riorganizzative interne attivatesi per colmare i vuoti di potere determinati dall’arresto di elementi di vertici avvenuti nel periodo dell’attività. Le fasi della riorganizzazione trovano perfetta aderenza con l’ordinamento della ‘ndrangheta già emerso nell’indagine Crimine, nella cui sentenza viene riportata la definizione di “locale” e “doti”, nonché l’esistenza anche del c.d. “banco nuovo”, termine con il quale i vertici della ’ndrangheta intendevano la riorganizzazione delle cariche all’interno del locale.

Il ruolo di Demetrio Palumbo detto "Mico"

Tra gli 11 indagati per i quali è stata disposta la custodia cautelare in carcere c'é Demetrio Palumbo, di 75 anni, detto "Mico", considerato elemento di vertice della famiglia Latella, federata con i De Stefano-Tegano-Libri nella "guerra di mafia" che insanguinò Reggio Calabria dal 1985 al 1991. In quegli anni Palumbo si muoveva, per tutelare la propria incolumità, soltanto a bordo di auto blindate. Uomo di fiducia dei boss Latella, Demetrio Palumbo nel 1989 fu vittima di un agguato messo in atto dalla cosca Serraino. In passato Palumbo era stato coinvolto, con l’accusa di omicidio, nel processo «Valanidi», a conclusione del quale fu condannato all’ergastolo. Pena poi ridotta a 30 anni e che Palumbo ha già scontato.

Il coinvolgimento di Sebastiano Praticò

Demetrio Palumbo intendeva operare la riorganizzazione in seno al locale di Arangea coinvolgendo Sebastiano Praticò, già condannato in via definitiva proprio nel processo “Crimine”, ove lo stesso veniva riconosciuto partecipe della cosca operante nella zona sud di Reggio Calabria e ricopriva una carica di livello provinciale quale rappresentante del mandamento di Reggio Calabria. Dopo una lunga militanza in seno alla cosca, in quella cosca abbia fatto carriera e, forte del carisma criminale, scalando la scala delle doti più elevate, abbia conquistato i vertici della compagine mafiosa e un rispetto da parte dei sodali e delle altre organizzazioni criminali che gli ha consentito di continuare ad operare, con ruolo apicale, nell’interesse del sodalizio.

I "subordinati", tra dedizione e rispetto delle regole

Altri sodali, seppur con ruolo subordinato, manifestavano una perseveranza partecipativa di pericolosa dedizione che si ricava dal ripetersi di condotte delittuose e dai riferimenti alla convita adesione alle regole di ndrangheta nonché alla necessità di controllo del territorio che si concretizza nell’esecuzione di vari episodi estorsivi finalizzati a garantire alla cosca il comando dell’area di competenza.

Le armi e il controllo di imprese e cantieri

La compagine criminale, che disponeva anche di armi illegalmente detenute, attraverso il modus operanti caratteristico delle associazioni di tipo mafioso poneva in essere un controllo sistematico delle attività commerciale e dei cantieri edili con l’obiettivo di trarre ingiusti profitti per gli associati. Le vicende registrate offrono uno spaccato della realtà reggina ove gli imprenditori sono perfettamente a conoscenza del fatto che, ancor prima di intraprendere un lavoro, devono darne preventiva comunicazione a quei personaggi che sono stati demandati dall’associazione a raccogliere le richieste e veicolarle a chi ha potere decisionale e può concedere l’autorizzazione, in cambio di dazioni di denaro, assunzione di manodopera e imposizione di forniture.

Le infiltrazioni nella grande distribuzione e le assunzioni. Il caso "bergamotto"

Ancora sotto il profilo del condizionamento delle attività economiche sono emersi tentativi di infiltrazioni nel settore della grande distribuzione con l’intento di imporre assunzioni. Le investigazioni hanno inoltre messo in luce i progetti imprenditoriali dell’associazione nel settore agrumario, in particolar modo in quello dei bergamotti dove erano attive due società, intestate a prestanomi ma riconducibili ad un associato, che espandevano i loro interessi commerciali utilizzando in taluni casi quei metodi che sono peculiari delle articolazioni di ndrangheta. Le due società sono state sottoposte a sequestro preventivo.

Oltre agli arresti, anche sequestri

Contestualmente ai provvedimenti restrittivi personali, il GIP ha disposto il sequestro preventivo di 3 società, tutte con sede a Reggio Calabria, due delle quali fittiziamente intestate a terzi, ma di fatto nella piena disponibilità degli indagati.

leggi l'articolo completo