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Strage di migranti a Roccella, nelle ultime tre settimane approdati 600 disperati

La costa jonica calabrese “direttrice” senza ostacoli per i trafficanti di vite umane

Un business milionario, soprusi e violenze di ogni genere prima della partenza o durante il viaggio in mare. Da almeno circa un decennio è questo ciò che che accade in Turchia (ma pure in Libia) in tema di immigrazione illegale. Le coste della Calabria punto di riferimento: a Roccella Jonica circa 150 sbarchi di migranti sino alla fine del 2023 per un totale di 15 mila profughi e già 8 “arrivi” per un totale di oltre 600 migranti, dal 18 maggio all’8 giugno. Dopo Lampedusa, Roccella è ormai il secondo punto d’approdo in Italia.
Sono questi i numeri della cosiddetta “Rotta turca”, un flusso migratorio illegale che al di là degli accordi internazionali e nonostante i fiumi di denaro ricevuti finora dall’Unione Europea, non si riesce ad arginare. Resta la Turchia – con la Libia - l’ambigua nazione che da anni “gestisce” con gruppi criminali e apparati deviati, militari e non, il gigantesco e milionario business dell’immigrazione clandestina in Italia. A ritmo quasi giornaliero, specie nei mesi primaverili, estivi e autunnali, prendono il largo, nelle vicinanze dei porti di Marmaris, Canakkale e Babakele Bodrum e, in particolare, Smirne (o Izmir), i malandati motopescherecci, vere e proprie “carrette del mare”, e le centinaia di barche a vela con a bordo i migranti. Gran parte delle imbarcazioni utilizzate per le traversate e in particolare nuove e costose barche a vela vengono sistematicamente rubate in Grecia nei piccoli porti turistici o prese a noleggio, da fantomatiche agenzie, in Turchia e poi non restituite. Dalle ormai innumerevoli indagini e decine di relazioni di servizio fatte dalle forze dell’ordine italiane, è ampiamente emerso che i profughi (afgani, siriani, iraniani, egiziani, palestinesi o cittadini del Bangladesh) una volta giunti in Turchia vengono, da locali organizzazioni criminali, individuati, radunati e nascosti a piccoli gruppi (sempre meno di 80) in zone molto periferiche della costa turca all’interno di capannoni o abitazioni disabitate o addirittura dentro grandi tende tra la vegetazione. Prima di potersi imbarcare e raggiungere l’Italia, con un viaggio in mare di circa 5-6 giorni, i migranti, visto l’alto numero di profughi presenti in terra turca, sostano dalla parte opposta del mar Jonio almeno un mese senza poter uscire dai loro “rifugi”. Al momento del loro turno, dopo il pagamento del “pedaggio” che non è mai inferiore a 8 mila euro a testa, i migranti, a gruppi di 60-80, vengono fatti salire sulle barche a vela e fatti partire con destinazione l’Italia. A condurre, fino ad un certo punto della traversata, le imbarcazioni “scafisti” turchi i quali poco prima della metà del viaggio in mare abbandonano, spesso i natanti nelle mani, tutt’altro che esperte, di alcuni migranti “addestrati” prima della partenza dalla Turchia e ai quali viene applicato uno “sconto” sulla fuga. Poco dopo, quindi, l’abbandono dell’imbarcazione con a bordo i migranti scatta in mare il soccorso delle autorità marittime italiane. Interventi difficili e a rischio in mare aperto, di Capitaneria di porto e Guardia di finanza, a decine e decine di miglia dalla costa.

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