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Reggio, nigeriana condannata a 20 anni per aver ridotto in stato di schiavitù una connazionale

Si chiama Sonia Osazee, 41 anni, la donna nigeriana alla quale la Corte di Assise di Reggio Calabria - presidente Natina Pratticò - ha inflitto 20 anni di reclusione per sfruttamento della prostituzione, tratta di essere umani, violenza sessuale e riduzione in stato di schiavitù di una sua connazionale.

Con lei, la Corte d’Assise ha altresì condannato il suo complice Sunday Ediorans, 31 anni, anch’egli nigeriano, a nove anni di reclusione. Il processo era scaturito da una indagine della squadra mobile di Reggio Calabria del 2016, dopo una denuncia di una giovane nigeriana che era stata sottoposta al «rito juju» (un rito religioso di coercizione che avvia le donne migranti nigeriane alla così detta "schiavitù da debito" per pagare il viaggio per raggiungere l’Europa) la quale, giunta in Italia su un barcone, era stata costretta a prostituirsi a Castel Volturno per ripagare il debito contratto in Nigeria.

Sonia Osazee, secondo gli atti processuali «reclutava, introduceva nel territorio dello Stato ed ospitava la persona offesa sulla quale esercitava poteri corrispondenti al diritto di proprietà, costringendola a prestazioni di tipo sessuale, con minaccia di uccidere la sua famiglia d’origine e di farla tornare in Nigeria».

Dopo lo sbarco a Reggio Calabria, la vittima aveva compreso di essere stata ingannata, tentando più volte di scappare dalla coppia Osazee-Ediorans e minacciando di denunciare tutto alla polizia. Sonia Osazee, stando all’inchiesta, sentendosi in pericolo, trasferiva la ragazza a Karlsruhe, in Germania, sotto scorta del fratello, affidandola ad una 'madamè nigeriana per obbligarla a prostituirsi ancora. La Polizia di Stato, con il suo intervento, è riuscita a spezzare le catene della schiavitù della giovane nigeriana, ottenendo le condanne dei suoi aguzzini.

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