Reggio, il macellaio Putortì «ha assunto comportamenti rivolti a inquinare il materiale probatorio»
È in carcere dal 29 maggio Francesco Putortì, il 48enne macellaio che la maledetta mattina del 27 maggio, facendo rientro nella propria abitazione ad Oliveto, si è ritrovato due ladri in casa, li ha affrontati con un coltellaccio da cucina ferendoli entrambi, uno dei quali morto dopo un'oretta appena arrivato all'ingresso dell'ospedale Morelli dove è stato letteralmente abbandonato dai suoi tre complici. La gang di malviventi era composta da quattro catanesi: i due entrati in casa, altri due in attesa all’esterno a bordo dell’auto. Francesco Putortì continua ad essere gravato da misura cautelare in carcere soprattutto dopo la conferma dell’ordinanza di custodia cautelare da parte del Tribunale della libertà. I giudici del riesame, nonostante la dettagliata tesi difensiva sostenuta dagli avvocati Giulia Dieni e Natale Polimeni, non hanno sostanzialmente creduto alle ragioni esposte dallo stesso Putortì. Da chi è stato vittima di un furto nella propria abitazione, chi si è ritrovato due ladri in casa che rovistavano tra gli affetti suoi e della sua famiglia, dopo aver già arraffato soldi e preziosi, aperto la cassaforte impossessandosi di due pistole regolarmente detenute. Il collegio del riesame ha in questi giorni depositato i motivi per cui ha confermato l'ordinanza impugnata. A partire dalla reazione violenta di Putortì: «L'assenza di qualunque traccia del contrasto, nonché di “schizzi di sangue da “cast off” (nei termini chiariti dal Ris di Messina), convince che, alla vista dei due sconosciuti, Putortì con fare risoluto li attinse ripetutamente con colpi di coltello: cinque-sei con direzione penetrante, di cui due all'addome e al fianco destro dello Stancampiano (che parava col braccio sinistro un terzo colpo), tre al torace posteriore e all'area lombare del Bruno, mentre questi cercava di fuggire giù per le scale. Qualora avesse brandito il coltello per cercare di difendersi alla cieca mentre veniva aggredito (secondo la narrazione offerta al Gip), uno o più schizzi ematici dalla lama insanguinata si sarebbero distribuiti nel sito teatro dello scontro».